(Rough) Translator

29 settembre 2013

T. rex vs S. aegyptiacus: The Ultimate Truth

Questo blog, se non si fosse capito, parla della scienza dei theropodi mesozoici.
E la scienza dei theropodi mesozoici, se non foste al corrente degli ultimi 20 anni della ricerca, verte attorno ad una domanda fondamentale, che possiamo considerare il fulcro dell'intera disciplina (e, di conseguenza, dell'intera paleontologia, dato che il resto di questa scienza è solamente un dettaglio marginale attorno ai theropodi): 
In un combattimento tra (un esemplare adulto di) Spinosaurus e (un esemplare adulto di) Tyrannosaurus, chi vincerebbe?
Per troppo tempo ho finto di non riconoscere l'importanza fondamentale di questa domanda. Non posso continuare a fare lo snob e fingere che questo non sia il quesito più importante degli ultimi 250 anni della paleontologia. Owen, Cope, Marsh, Osborn, Stromer, Gilmore, Lambe, Maleev, Ostrom, la Osmolska, Bakker, Horner, e tutti gli altri grandi studiosi della paleontologia dei dinosauri hanno dato la loro vita perché noi potessimo dare una risposta a questa domanda fondamentale. 
Ed è nostro dovere dare una risposta.
Ho quindi analizzato tutti i fattori in gioco, tutte le variabili di dimensioni, massa, struttura scheletrica e muscolare, la dentatura, la morfologia del rostro, il livello metabolico, la struttura neuronale, il più plausibile spettro comportamentale, e, sopratutto, le condizioni per lo svolgimento della più importante e significativa interazione biotica dell'intero Fanerozoico. Non ho tralasciato nulla: ogni aspetto è stato preso in considerazione, integrato con gli altri, e le più robuste implicazioni di ogni fattore sono servite per la ricostruzione finale che vi propongo qui.
Questo post, pertanto, funge da risposta finale e definitiva. Nessun altro paleontologo prima di oggi ha analizzato questo tema con lo stesso livello di dettaglio e competenza, nessuno ha quindi prodotto la risposta in modo più accurato, ponderato, motivato di ciò che state per leggere.

27 settembre 2013

Sulla totale natura di fiction di "Walking with Dinosaurs" (e del film omonimo)

Aladar in salsa ceratopsiana
Qualche post riprende un tema che avevo solamente accennato in un post recente.
Molto spesso viene dimenticato, o forse è del tutto ignoto ai più, ma tutti i documentari, compresi quelli più "documentaristici" (quale può essere una ripresa di scene nella savana africana, senza colonna sonora e senza commento audio) sono comunque delle opere di finzione, nel senso che anche nei casi più strettamente di documentazione degli eventi realmente avvenuti, per ogni fotogramma che lo spettatore vede ci sono decine di minuti di filmato che viene realizzato ma poi non viene incluso nel documentario, che viene consciamente omesso e scartato dai realizzatori dell'opera, che, in base alla propria soggettività, operano una cernita delle scene e "creano" una sequenza fittizia. Ogni documentario, difatti, è il risultato di una opera (più o meno sapiente) di montaggio e post-produzione. Scrivo questo per stemperare subito il mito del "documentario puro": nessun documentario è una rappresentazione fedele e letterale della realtà.
Pertanto, se anche un video su animali reali e viventi in un ambiente "naturale" è già in parte una fiction, poiché il documentario è anche una sceneggiatura decisa a tavolino, a maggior ragione qualsiasi "documentario paleontologico" - anche quelli di migliore qualità e professionalità - è comunque un prodotto di finzione costruito secondo canoni più artistici che scientifici.
Ciò non toglie valore alle opere più pregevoli, ma serve da cardine di consapevolezza per non cadere nell'ingenua convinzione che un "documentario" sia una rappresentazione diretta, immediata e letterale della realtà. Un documentario, di qualsiasi natura e professionalità, è sempre una costruzione fortemente vincolata alla soggettività dei suoi creatori.
Detto questo, sarà più facile per molti comprendere il mio atteggiamento molto critico verso una produzione di "paleo-fiction" ormai vecchia di oltre un decennio, e molto famosa: la serie dei "documentari" di Walking with Dinosaurs (e "derivazioni" come "Walking with Beasts").
Walking with Dinosaurs (abbreviato WWD) nacque sulla scia della rivoluzione cinematografica di Jurassic Park e del suo seguito (1993-1997). WWD si proponeva di mostrare scene di "vita mesozoica", integrando filmati di ambienti reali attualmente esistenti con animazioni in CGI di "animali preistorici".
WWD è una fiction, nel senso più profondo del termine: pura finzione. Finzione è la presenza di animali non reali in ambienti reali, finzione è la loro morfologia e comportamento, finzione la drammatizzazione delle vicende. WWD si avvale di consulenze paleontologiche, ma ciò non trasforma una fiction, nata come fiction e impostata come fiction, in un documento scientifico.
Purtroppo, molti (ri)vedono ed intendono WWD come un "documentario puro", dimenticando che la componente "scientifica" di queste produzioni è secondaria. La grandissima maggioranza dei comportamenti che si vedono in WWD è infatti basata su speculazioni, per quanto avallate da alcuni paleontologi ingaggiati dalla produzione, ma comunque pur sempre speculazioni che riflettono un particolare punto di vista ed interpretazione: difatti, eventi "reali" non necessiterebbero di un avallo da parte di un esperto per essere "reali", dato che essi avvengono "oggettivamente" a prescindere dalle preferenze dell'osservatore (sebbene, e lo rimarco ancora, è pur sempre la scelta soggettiva di chi realizza la post-produzione a sancire quali eventi "reali" saranno incorporati nel documentario e quali invece saranno scartati e omessi: per questo, anche nel "documentario più documentaristico" al mondo, la componente di finzione e soggettività persiste).
All'inizio del prossimo inverno, uscirà nelle sale cinematografiche un film di animazione in CGI che, forse in modo puramente di facciata e per fini di marketing, si rifà nel nome alla serie di WWD: "Walking with Dinosaurs: the 3D Movie" (abbreviato WWDm). Ho il sospetto che il nome sia l'unico effettivo collegamento alla serie originaria di WWD di quasi 15 anni fa, e che per il resto il film sia solamente un film di animazione che segue la stessa filosofia del terrificante Dinosaur disneyano. Vedendo il trailer, che circola in rete, confermo questo sospetto: i dinosauri hanno atteggiamenti antropomorfi, e sia la voce narrante che le immagini si concentrano sulle vicende di un protagonista (ovviamente, è maschile...) che deve farsi strada per diventare l'eroe della storia; inoltre, si vedono gli immancabili antagonisti antipatici e cattivoni che fungono da inevitabile contraltare narrativo all'eroe (ovviamente, sono dei poveri theropodi, bistrattati e sfruttati ignobilmente per le bieche logiche della lobby ornitischia...). 
Pertanto, WWDm è una fiction nel senso più puro del termine: questo film non è per niente un documentario e non deve essere inteso in quel senso. E ciò è molto positivo. Sicuramente, qualche lettore sarà sorpreso da queste mie parole, dato che probabilmente penserà che io sia più interessato ai paleo-documentari che alle paleo-fiction, e che sarei più felice di vedere un WWDm in stile documentario (a la WWD originario) invece che un film di animazione (a la Dinosaur disneyano)*. Tuttavia, se rileggete la prima parte di questo post, ho scritto che qualsiasi documentario ha sempre in sé una componente di fiction, e che ciò è ancora più pregnante nel caso di "documentari paleontologici". Ho anche scritto che la serie WWD di 15 anni fa è sovente ricordata - in modo improprio - come un "paleo-documentario", quando di fatto è una paleo-fiction. Infatti, il fraintendimento nasce dalla struttura narrativa di WWD, molto simile a quelle dei "classici" documentari: abbiamo, difatti, scene "naturalistiche" prive di personaggi umani, ed una voce narrante che, in modo apparentemente neutro ed asettico, ci "commenta" la scena. Molti apprezzarono WWD proprio per questo aspetto "documentaristico". Tuttavia, quella rappresentazione di eventi è una pura finzione, dato che le scene sono delle finzioni narrative costruite a tavolino da un team di sceneggiatori ed animatori (con una blanda supervisione scientifica) e assemblate in post-produzione. Al tempo stesso, questo aspetto di finzione è talmente mascherato dal gioco sapiente di post-produzione, CGI, sceneggiatura e narrazione "asettica" che lo spettatore generalmente assume in modo istintivo che sia una "scena" reale, che stia assistendo ad un "documento reale", pur essendo probabilmente consapevole a livello conscio che tutto ciò sia invece di una finzione.
Al contrario, film come Dinosaur della Disney, per quanto pessimi sul piano cinematografico (anche perché troppo infantili, didascalici e buonisti per i miei gusti), sono più "onesti" rispetto a WWD, dato che la componente antropomorfica nei personaggi è talmente palese (essi parlano!) che nessuno cade nella trappola né fraintende la fiction scambiandola per un "documentario". 
Di conseguenza, un film sui dinosauri improntato come WWD è una fiction subdola che si spaccia per documentario, mentre un film sui dinosauri improntato come Dinosaur della Disney è una fiction onesta che si spaccia per fiction. Il fatto che WWDm sarà più simile a Dinosaur della Disney piuttosto che a WWD è quindi un motivo per essere felici: sarà un onesto film di animazione per bambini, una storia di fantasia, che, per quanto abbia come protagonisti delle creature che somigliano molto a dei dinosauri immersi in un contesto ambientale plausibilmente simile a quello del Campaniano nordamericano, è pur sempre una fiction, una finzione, una favola e non ha alcun valore paleontologico e scientifico.

Il problema, come al solito, sarà che moltissimi andranno al cinema pensando - più o meno consciamente - di "vedere" il Mesozoico, di assistere a scene con i "dinosauri" (quelli "veri"!), di vedere ricostruzioni e situazioni fondati su "fatti scientifici", e assumeranno acriticamente che quello sia un "documentario", per quanto romanzato...

*NB: comunque, è altamente improbabile che io vada al cinema per vedere questo film.

24 settembre 2013

Yixianosaurus reloaded

Yixianosaurus (Xu e Wang 2003) è un theropode dal Cretacico Inferiore della Cina noto esclusivamente per una coppia articolata di arti anteriori e corrispondente cinto pettorale (e alcune coste).
In un vecchio post del 2008, l'immissione di Yixianosaurus nella versione di allora di Megamatrice lo collocava in Troodontidae (a quel tempo, parte di Deinonychosauria). Recentemente, Dececchi et al. (2012) hanno rivalutato l'esemplare, ed immesso in un'analisi del TGW, dove risultava un maniraptoriano basale esterno ad Oviraptorosauria + Paraves.



Xu et al. (2013) ridiscutono le affinità filogenetiche di Yixianosaurus, e contestano l'interpretazione dell'esemplare proposta da Dececchi et al. (2012). Gli autori evidenziano che le presunte plesiomorfie maniraptoriane non siano evidenti nell'esemplare, che alcune delle quali siano di fatto dovute a fattori preservazionali, e che l'esemplare presenti sinapomorfie paraviane, come la scapola corta e gracile rispetto all'omero, la morfologia della regione distale delle penultime falangi e degli ungueali. Le proporzioni falangeali sono simili a quelle dei paraviani. Gli autori ri-analizzano Yixianosaurus in un'altra versione della matrice del TWG e rinvengono Yixianosaurus in una politomia basale di Deinonychosauria.
Ho quindi ri-codificato Yixianosaurus in base alla discussione in Xu et al. (2013) in Megamatrice: esso risulta un Avialae relativamente basale, più derivato di Archaeopteryx e sister-taxon di Xiaotingia. Il nodo è relativamente robusto.

Bibliografia:

Dececchi TA, Larsson HCE, Hone D, 2012. Yixianosaurus longimanus (Theropoda: Dinosauria) and its bearing on the evolution of Maniraptora and ecology of the Jehol fauna. Vertebrata PalAsiatica 50(2): 111–139.
Xu X, Wang X.-L., 2003. A new maniraptoran dinosaur from the Early Cretaceous Yixian Formation of Western Liaoning. Vertebrata PalAsiatica, 41: 195-202.
Xu X, Sullivan C, Wang S. 2013. The systematic position of the enigmatic theropod dinosaur Yixianosaurus longimanus. Vertebrata PalAsiatica 51(3): 169-183.

22 settembre 2013

L'emotività al tempo della paleontologia

Che troppe persone immature parlino e scrivano di paleontologia è assodato. Qui ne state leggendo un esempio lampante. Tuttavia, pur annoverandomi tra gli immaturi, penso di essere collocabile più vicino all'estremo razionale dello spettro che a quello irrazionale. Ad esempio, io tendo ad avere verso i dinosauri un atteggiamento relativamente distaccato. Come ho scritto molte volte, per me i dinosauri mesozoici sono delle ipotesi scientifiche per spiegare dei pezzi di roccia, non sono "creature" dotate di una esistenza reale slegata dall'osservatore, come può essere il vostro cane o la fidanzata di vostro fratello, cioè qualcosa che "vive" anche fuori dalla testa dei ricercatori. E so che molti vedono il mio atteggiamento come troppo arido, sebbene sia il solo modo intelligente di vedere quei pezzi di roccia.
Un atteggiamento che trovo veramente inesplicabile è l'eccessivo attaccamento emotivo ai dinosauri. Non nego che la paleontologia sia fondata sulla passione, ma tale passione dovrebbe essere per la paleontologia, per la ricerca, per la scoperta, per la crescita della conoscenza, non per i singoli oggetti particolari studiati della paleontologia.
Recentemente, sono stato coinvolto in un'interessante discussione che verteva su Nanotyrannus. Uno dei miei interlocutori era scettico verso l'ipotesi che Nanotyrannus sia un sinonimo junior di Tyrannosaurus, e questo scetticismo, alla luce delle evidenze che - a mio avviso - avvalorano la sinonimia, mi ha indotto a chiedergli quali altre evidenze egli ritenesse necessarie per convincerlo di tale sinonimia. In breve, io gli ho chiesto quali prove scientifiche ulteriori egli richiedesse. La mia domanda era sinceramente curiosa, dato che è possibile che la mia accettazione della sinonimia sia ingenua e basata su evidenze deboli, e che pertanto dovessi raffinare il livello di "robustezza" necessario ad accettare o meno tali ipotesi tassonomiche. Ritenevo, difatti, che il mio interlocutore avesse ponderati motivi scientifici per dubutare della sinonimia, e speravo che mi illuminasse ed istruisse in proposito: è sempre un piacere imparare cose nuove e apprendere punti di vista alternativi, che possono arricchire i propri.
Tuttavia, il motivo per cui quell'interlocutore era scettico verso la sinonimia era puramente emotivo: egli, lo ha dichiarato apertamente, è "affezionato" a Nanotyrannus, e quindi "sperava" che Nanotyrannus non "scomparisse". Non aveva alcuna evidenza ulteriore o dato da portare.
Prima di procedere con il post, voglio fare un ovvio chiarimento: io non attacco mai le persone, ma attacco sempre e solamente le idee, le ipotesi, le convinzioni. Ognuno ha il diritto di credere in quello che gli pare, e nessuno sarà mai attaccato da me per il solo fatto di non pensarla come me. Al tempo stesso, se ritengo che una persona "creda" in qualcosa che considero errato, sbagliato o semplicemente privo di fondamento, non ho alcun problema a smontare e criticare quella idea. Ma, ripeto, l'attacco è solo alle idee, non alle persone. Non c'è nulla di male a credere nelle fate: resta il fatto che l'esistenza delle fate sia scientificamente insostenibile, e quindi facilmente attaccabile sul piano razionale. Pertanto, si può rispettare chi crede nelle fate, ma al tempo stesso si può mostrargli che le sue fate non esistono fuori dalla sua testa.
Tornando al post; devo ammettere che la risposta del mio interlocutore è stata molto deludente. Insomma, io mi aspettavo che fornisse prove, dati, evidenze, fossili, studi, analisi, metodi, e non sentimenti. I sentimenti sono probabilmente ciò che ci rende "umani", nel bene e nel male, e sono sempre da rispettare, ma... in paleontologia non hanno alcun valore. La validità dell'ipotesi tassonomica chiamata "Nanotyrannus", la quale afferma che almeno un esemplare di tyrannosauride dal Maastrichtiano nordamericano, simpatrico agli esemplari di Tyrannosaurus rex, appartenga ad una specie distinta da Tyrannosaurus rex, non si basa su sentimenti o emozioni, ma su prove scientifiche. Se le prove scientifiche mancano, o si rivelano errate, o vengono smentite o comunque non reggono alla prova di ulteriori evidenze, prove e metodi di indagine, allora quella ipotesi tassonomica smette di essere valida. Punto. "Nanotyrannus" non esiste fuori dalle nostre teste, così come "Tyrannosaurus" non esiste fuori dalle nostre teste. Noi disponiamo di dozzine di fossili da strati del Maastrichtiano nordamericano, e abbiamo elaborato delle interpretazioni di quei fossili. Una di queste interpretazioni comprende due taxa distinti (Tyrannosaurus e Nanotyrannus), un'altra comprende un solo taxon (Tyrannosaurus, nome scelto per mera priorità, non perché "cool"): la scelta tra quale delle due ipotesi sia "migliore" si basa solo sulla sua "corrispondenza" con le prove, coi fossili e con l'impianto generale della teoria paleontologica. Le nostre emozioni, anche qualora siano significative, non hanno alcun valore e alcuna importanza ai fini della risoluzione della controversia scientifica. Se anche io "amassi" Nanotyrannus (qualsiasi cosa ciò possa significare) e le prove dimostrassero che tale ipotesi non è valida, io dichiarerei Nanotyrannus come inesistente.
Analogamente, l'ipotesi chiamata "Spinosaurus lungo 17 metri" e l'ipotesi chiamata "Spinosaurus lungo 13 metri" sono solamente due interpretazioni alternative dello stesso insieme di fossili, non sono "animali da difendere". Io non scelgo una delle due ipotesi perché "mi piace" o perché sono uno "Spinosaur hater" (sì, esistono questi assurdi termini online), ma perché la seconda è più robusta in base alle prove portate a favore: ipotizzare uno spinosauro di 17 metri è meno plausibile di ipotizzare uno spinosauro di 13 metri, specialmente perché tutte le prove scientifiche esistenti portano ad un animale di 13 metri, mentre poche portano ad uno di 17 metri (e spesso in modo poco plausibile). A questo proposito, è curioso come l'eccessiva componente emotiva in queste discussioni distorca così ingenuamente la lucida analisi delle prove. Ad esempio, perché mai il fatto che io sostenga che Spinosaurus fosse lungo come gli altri grandi theropodi sarebbe un segno che "odio" Spinosaurus? Forse che si ama qualcosa in base alle sue dimensioni? Forse che "Spinosaurus" smette di essere interessante, scientificamente significativo, paleontologicamente rilevante, anatomicamente complesso ed evolutivamente notevole solamente perché risulta lungo (da adulto) 13 metri invece che 18? Possibile che l'emotività si riduca ad una mera quantificazione dimensionale, o ad una sorta di "partigianeria" per cui il desiderio di comprendere i fenomeni sia inevitabilmente tradotto nella appartenenza ad una setta adoratrice delle dimensioni esagerate? Non notate una sorta di "pornografia" paleontologica in queste ossessioni, per cui la complessità di un fenomeno paleontologico è ridotto ad un'ipertrofia dimensionale ostentata in modo ossessivo come unico "valore"? Paradossalmente, l'emotività stessa, fonte di queste diatribe, viene deformata e oppressa, e diventa quasi ossessione per un dettaglio fisico marginale. Ed è per controbattere a questa errata deformazione "feticista" della paleontologia che è deveroso dimostrare in modo razionale l'infondatezza di tali speculazioni.
Inoltre, noto delle curiose corrispondenze tra la passione paleontologica e lo sport. La maggioranza delle persone ha qualche passione sportiva. Molti tifano per qualche squadra di uno sport, ed è normale, nel tifo "sano" di gioire per la vittoria della "propria" squadra. Poi, per ragioni tipicamente umane, noi tendiamo a formare bande e tribù ed a consolidare l'istinto del branco cercando in altre tribù dei "nemici". Da qui, inevitabilmente, una minoranza immatura degenera lo sport in violenza, trasfigura la squadra avversaria (e i suoi sostenitori) in "nemici", ed infine deforma lo spirito dello sport in agonismo feroce finalizzato all'annientamento dell'altro piuttosto che alla condivisione di un momento di passione sportiva. In molti atteggiamenti emotivi nei confronti dei dinosauri vedo questa infantile (ma molto umana) tendenza a creare "gruppi", "bande", "nemici". Come altro interpretare gli insulti gratuti a paleontologi che hanno avuto la terribile e blasfema colpa di "insultare" il "nostro" dinosauro preferito (oppure, nella estrema conclusione feticistica, il film che consacrò il nostro dinosauro preferito)? Come altro spiegare la tendenza a "schierarsi" in una fazione paleontologica per combattere una qualche battaglia ideologica, in cui spesso l'obiettivo non è la ricerca della conoscenza scientifica, ma la difesa di qualche idolo? 
A me interessa conoscere la spiegazione scientifica più robusta in merito al numero di specie di tyrannosauridi nel Maastrichtiano nordamericano, ma non interessa sapere se Nanotyrannus sia valido oppure sia solo un sinonimo di qualche altro taxon: ciò è solo una eventuale conseguenza tassonomica del tema più importante citato sopra. A me interessa conoscere se esista un vincolo biomeccanico all'evoluzione delle dimensioni nei theropodi giganti, ma non mi interessa sapere se Spinosaurus sia lungo 18 metri invece che 13 metri: ciò è solo una eventuale conseguenza del tema più importante appena citato. In entrambi i casi, la teoria generale e le prove portate a sostegno di tale teoria, sono ciò che conta e ciò che deve guidare la nostra ricerca della conoscenza. I dettagli marginali, le conseguenze automatiche ma secondarie di queste teorie generali, per quanto ossessivamente proposti e discussi, sono e restano solo dettagli, la cui esaltazione è prima di tutto una manifestazione di una pulsione emotiva frutto di una serie di fattori culturali, primo tra tutti la mancata educazione alla paleontologia, intesa come scienza per comprendere i fossili, e non (come quasi sempre scritto e detto) una scienza per "riportare in vita" il passato. 
Il passato, per definizione, non è più presente. Una scienza che studi qualcosa che non è presente non sarebbe una scienza, bensì una forma di misticismo irrazionale. Ciò che la paleontologia vuole spiegare è qualcosa che esiste ora, tangibile, concreto e presente: i fossili. Dai fossili parte la paleontologia, ed ai fossili deve sempre fare riferimento. Purtroppo, molti hanno inteso la paleontologia come "scienza della vita passata", focalizzandosi molto sul termine "passato", mitizzandolo. Il "passato" non esiste: ciò che esiste sono oggetti presenti ai quali noi siamo in grado di dare una spiegazione causale alla luce del concetto di tempo. Il passato, in breve, è un'interpretazione razionale di alcune caratteristiche del presente, in questo caso, un tipo di oggetti geologici chiamati fossili. Finché molti non comprenderanno che la paleontologia vuole capire cosa sono i fossili presenti, e vuole spiegare questi oggetti in modo razionale, persisterà una visione emozionale ed irrazionale della paleontologia, intesa come "resurrezione" di un passato mitico che esiste da qualche parte nello spazio-tempo. Fintanto che molto penseranno alla paleontologia come alla scienza della "vita passata" invece che alla scienza dei "fossili presenti", persisterà l'ossessione feticistica ed emotiva verso quel "mitico passato" che, di fatto, esiste solo nelle nostre teste, si nutre delle nostre emozioni e si trasfigura costantemente in funzione delle nostre irrazionali speranze.

18 settembre 2013

Completare il cranio di Spinosaurus [aggiornamento]

In post precedenti ho parlato di vari modi per stimare le dimensioni di alcuni esemplari di Spinosaurus (sia dell'intero corpo che del solo cranio) ed ho mostrato che molte stime diffuse online fossero eccessivamente alte, spesso per via di errori di interpretazione, grossolane estrapolazioni che non tengono conto dell'allometria o, semplicemente, per via di comparazione tra parti non omologhe.
In questo post propongo un ulteriore metodo per la stima delle dimensioni totali del cranio del famoso "esemplare milanese" MSNM V4047.
La domanda che mi pongo è se sia possibile "calcolare" la lunghezza della parte mancante del cranio (ovvero, la zona orbitale e postorbitale) partendo dalle dimensioni della zona preservata. Siccome i crani dei theropodi variano molto nelle proporzioni del rostro rispetto all'intero cranio, manca un valore lineare ed univoco per ricavare la lunghezza del cranio rispetto alla lunghezza del rostro, ovvero, è bene se evitiamo di usare la lunghezza del rostro per dedurre automaticamente quella del cranio. Infatti, mentre io ritengo (ed ho motivi validi per sostenerlo) che Spinosaurus fosse una forma longirostrina estrema, e che quindi il suo muso occupasse la grande maggioranza della lunghezza della testa, altri ritengono (senza motivarlo) che invece esso fosse più "normale" e quindi che il muso non occupasse una parte particolarmente significativa della lunghezza del cranio. Le due impostazioni, ovviamente, hanno significative implicazioni sulla dimensione totale del cranio, dato che - a parità di lunghezza del rostro - una versione "longirostrina" produce un valore totale del cranio che è più corto di una versione "brevirostina".
Pertanto, invece di usare la lunghezza del rostro, la cui proporzione col cranio è dibattuta, propongo di usare l'altezza del muso a livello della finestra antorbitale. Infatti, a differenza della lunghezza del rostro, l'altezza del  rostro (ovvero, il suo spessore dorsoventrale a livello della finestra antorbitale, nel punto della sutura jugale-mascellare) tende ad essere più conservativo nel cranio dei theropodi.
Quindi, la domanda ora diventa: esiste una relazione proporzionale tra l'altezza del cranio (a livello della finestra antorbitale) e la lunghezza della regione orbitale+postorbitale del cranio? Se tale proporzione seguisse una legge generale nei theropodi, allora potrei usare quella legge per stimare la parte mancante di cranio partendo dall'altezza della zona antorbitale (che in MSNM V4047 è misurabile proprio a livello della sutura jugale-mascellare: 23 cm).
Ho quindi preso le misure da vari crani ben conservati e articolati di theropodi, presenti o illustrati in letteratura, ed ho comparato la lunghezza della zona orbitale+postorbitale (linea verde qui sotto in Monolophosaurus) rispetto all'altezza del cranio a livello della finestra antorbitale (linea rossa). Per uniformare le misure, nei taxa con creste nasali l'altezza della cresta è stata esclusa dalla misura, così che in tutti i crani misurassi regioni omologhe.
Le misure prese in vari theropodi, di differenti dimensioni, stadio di crescita e proporzioni del rostro, rese in scala logaritmica, confermano che esiste una buona correlazione tra queste due misure. Pertanto, è possibile usare la curva di regressione ottenuta per determinare una stima attendibile della lunghezza della regione orbitale+postorbitale di MSNM V4047 partendo dalla sua altezza antorbitale.
Il valore ottenuto è di 32 cm, che sommato ai 98 cm della lunghezza del rostro produce un cranio lungo 130 cm, ovvero, un valore all'interno del range da me ricavato in passato con gli altri metodi.
Pertanto, anche questo metodo conferma la mia precedente interpretazione delle dimensioni del cranio di MSNM V4047, inferiore a 140 cm, e quindi ben più corto del "super-spinosauro" che molti continuano a ritenere plausibile.

AGGIORNAMENTO DEL 19 SETTEMBRE 2013:
Ho aggiunto ulteriori esemplari per determinare la curva (tra cui, dettaglio non marginale, l'olotipo di Irritator che conserva la regione posteriore del cranio articolata), aumentando la risoluzione dell'equazione. Il valore che si ottiene per MSNM V4047 è variato in modo molto marginale, passando da 130 a 131 cm. Come vedete, le variazioni sono minime, e tendono a convergere sempre nella stessa scala di dimensioni, segno che quel valore è probabilmente la stima più corretta e robusta possibile.

Eotyrannus, Jehol Biota ed una piccola partecipazione italica

Il prossimo fine settimana (20 e 21 settembre), l'Università di Southampton (Regno Unito) terrà una conferenza internazionale dedicata a due dei più interessanti biota fossili mesozoici:
Potete leggere un'anteprima dei dettagli su Tetrapod Zoology.
Menziono questo evento, anche perché io partecipo, indirettamente, con una presentazione di Darren Naish relativa a Eotyrannus. Insieme a Darren, sono infatti autore di una monografia sulla osteologia e affinità filogenetiche di Eotyrannus, attualmente in revisione (Naish e Cau, in rev.). La monografia descriverà nel dettaglio l'intera osteologia nota di Eotyrannus. Il mio contributo, secondario rispetto al lavoro di Darren, è stato principalmente nell'investigazione delle relazioni filetiche di Eotyrannus, e nell'influenza che questo taxon ha nella topologia basale di Tyrannosauroidea, e quindi anche nel legame tra Tyrannosauroidea con il resto di Theropoda.
Slide introduttiva della presentazione che Darren terrà in settimana

15 settembre 2013

Miti e Leggende Post-Moderne sui Dinosauri Mesozoici: l'intelligenza dei dinosauri


Post (pseudo) filosofico, quindi non molto intelligente.
L'intelligenza è uno strano concetto. Difficile da definire, ancora più difficile da determinare. Qualunque sia la sua definizione, va chiarito subito un equivoco molto diffuso: l'intelligenza è una proprietà degli individui, non delle specie né dei cladi. Pertanto, già il titolo del post è scorretto: non esiste "l'intelligenza dei dinosauri", dato che i dinosauri sono un clade, e tale categoria non ha una "intelligenza" che la caratterizzi in toto. Comparazioni tra "intelligenze di specie" sono quindi delle grossolane - se non inconsapevoli - comparazioni tra individui estrapolate al rango di attributi di specie (o peggio, di cladi). Un altro dettaglio tanto grande quanto ripetutamente frainteso, se non del tutto rimosso da molti, è che l'intelligenza è una proprietà degli individui viventi. Un morto non ha intelligenza. Pertanto, qualsiasi sia la definizione di intelligenza che preferite, e qualsiasi sia il criterio di valutazione che scegliete per "stabilire" o "misurare" l'intelligenza, esso è del tutto inutile quando si parla di animali estinti. Non ha senso, e non è possibile, valutare l'intelligenza di un animale morto milioni di anni fa. Senza un dinosauro mesozoico vivo e vegeto col quale interagire, non è possibile stabilire la sua intelligenza. Le ossa non sono intelligenti, né le orme. Di conseguenza, l'intelligenza è un concetto inutile in paleontologia. Non potendo osservare l'intelligenza di un animale non più vivente, e del quale abbiamo solo qualche osso e qualche traccia fossilizzati, chiedersi quale fosse "la sua intelligenza" è futile e vano. 
Un altro errore molto diffuso è quello di mescolare il concetto di intelligenza con quello di comportamento, e ritenere che il comportamento sia una qualche "misura" dell'intelligenza. Tuttavia, in assenza di individui viventi, non è possibile stabilire se le tracce fossili di comportamento che osserviamo abbiano una matrice genetica (quindi siano comportamenti innati, automatici), culturale (siano comportamenti appresi, sovente stereotipati) o "personale" (quindi siano espressione della peculiare intelligenza di quell'individuo). E dato che il numero di tracce fossili di comportamento è basso, è molto difficile fare delle indagini e delle generalizzazioni su un campione così esiguo. Pertanto, discutere sull'intelligenza (presunta) dei dinosauri mesozoici sulla base della (rare) tracce del loro comportamento è una pura speculazione, spesso poco più che un'ingenua analogia dettata più dai desideri inconsci di chi la propone piuttosto che un "fatto scientifico".
In conclusione, l'intelligenza è sopratutto un feticcio tipico della specie umana. Noi siamo ossessionati dall'intelligenza, se non altro perché è un valore molto antropocentrico. Moltissimi animali non hanno alcuna intelligenza, sono programmati geneticamente per eseguire determinati comportamenti a seconda di specifiche condizioni. In moltissimi casi, questi comportamenti si rivelano molto efficaci, in quanto il risultato di milioni di anni di selezione. Questi animali vivono senza intelligenza, e vivono bene, prosperano e si riproducono con successo. Questo "modo" di vivere a noi pare assurdo, dato che in noi è radicata una forte spinta all'individualismo (sebbene bilanciata da una uguale dipendenza dai consimili che ci porta ad essere abitudinari, ripetitivi, e conformisti) che ci porta a disprezzare ogni azione "non-intelligente". Difatti, spesso preferiamo "imporre" una matrice intellettiva ai comportamenti degli altri animali, anche quando sappiamo bene che sono del tutto automatici e programati. Si chiama, appunto, antropomorfizzazione. E se oggi nessuno attribuisce al vento una causa intellettiva di tipo umana (un dio), sono ancora in molti a "volere" che negli animali, anche quelli del tutto privi di sistema nervoso centrale, esista una qualche individualità ed intelligenza. Ciò è paradossale, dato che la grande maggioranza dei nostri stessi comportamenti è in buona misura automatica, programmata e stereotipata. Ad esempio, respiriamo in modo automatico, camminiamo in base a un programma che si "carica" nel primo anno di vita in modo automatico, siamo programmati per trovare sessualmente attraente certe forme e a rifiutarne altre (col risultato che spesso la forma di un viso, ovvero un mero assemblaggio di ossa, muscoli e pelle, è più importante a livello sociale della personalità prodotta dal cervello racchiuso da quel viso), produciamo lacrime in base a stimoli semplici che spesso non possiamo controllare, digeriamo alimenti e produciamo rifiuti in modo automatico che non dipende dalla nostra volontà, siamo facilmente schiavizzabili da semplici molecole chimiche (come nicotina, alcoli, alcaloidi) che diventano indispensabili al pari dell'ossigeno e la cui mancanza genera frustrazione e dolore. In tutti questi comportamenti, siamo esattamente come una mosca o una lumaca.
Eppure, nonostante questa preponderante componente di automatismo e non-intelligenza che costituisce una grossa parte delle nostre vite, ci focalizziamo su quei cinque-dieci minuti al giorno in cui (forse) agiamo in modo realmente originale, creativo e "pensante", e li riteniamo sufficienti per considerarci di fatto creature molto intelligenti. Sì, è vero: in quei rari momenti creativi non ci batte nessuno, e Homo sapiens è una straordinaria macchina per generare simboli, concetti, teoremi, barzellette, filosofie e cladogrammi. Ma è anche in grado di generare bullismo, massacri, stupri, torture, fanatismi, guerre di religione e campionati di calcio. Insomma, se volessimo davvero - con intelligenza - fare una valutazione globale della nostra intelligenza, dovremmo bilanciare le nostre indubbie eccellenze e pregi con le innumerevoli volte in cui abbiamo sprecato il buono nei nostri cervelli per creare, per la prima volta sulla Terra, il male e l'odio.
Pertanto, anche se è vero che nessuna specie di dinosauro ha mai creato arte e letteratura, sospetto che nessuna specie umana durerà mai a lungo quanto una qualunque specie di stupidi dinosauri.

14 settembre 2013

Giù le mani da Alexornis!

Molti hanno rimosso - giustamente - il ricordo di quei fatti, ma il biennio 2000-2001 dovrebbe essere ricordato per averci regalato due film che sono, senza dubbio, uno il migliore e l'altro il peggiore kolossal sui dinosauri dell'era CGI. Il migliore, non c'è dubbio, è Jurassic Park III (2001), che oltre a sancire definitivamente e gloriosamente l'estinzione del franchise spielberghiano, è anche una pietra miliare della filosofia cinematografica relativa ai dinosauri, semplificata dall'acronimo DAJM: Dinosaurs Are Just Monsters.
Il peggior film in assoluto, invece, e che fortunatamente quasi tutti hanno dimenticato, è Dinosaur (2000) della Disney. Dinosaur ha come protagonista il "dinosauro" di finzione più antipatico, patetico, sfigato e moscio della storia: tale ornithischio di nome Aladar. Tutto ciò che aveva reso simpatico, adorabile e mitico il Tyrannosaurus del primo Jurassic Park (che resta in assoluto il personaggio dinosauriano più amato della storia del cinema, a pari merito con Donald Duck) è stato completamente stravolto e dissolto dalla pochezza castrata, la mollezza mammaliana, il buonismo alla Mickey Mouse e la stucchevolezza labiale di quel bastardo allevato dai lemuri. Peccato che il meteorite non abbia centrato l'isola, avremmo avuto un film più divertente.
Siccome viviamo in tempi di piattezza creativa e di generale insipidezza nelle trame dei film, era inevitabile che dovesse uscire un nuovo film sui dinosauri, il quale, proprio per i motivi appena citati, non è altro che una copia spudorata di Dinosaur della Disney. Infatti, a cosa altro si ispira a piene mani "Walking with Dinosaurs", in arrivo a Natale, se non proprio al film disneyano? Anche in questo nuovo film, seguiremo le traversie migratorie di uno sfigato col predentale lungo il Nordamerica del Cretacico Superiore, ci appassioneremo per la sua ascesa sociale (da ultimo degli sfigati a capo branco... come se i dinosauri avessero bisogno di capibranco...), e, ovviamente, esso si troverà come antagonisti i soliti cattivoni del clade più inclusivo comprendente Allosaurus ma escludente Saltasaurus.

Come mai ho scritto questa filippica contro l'ennesimo filmone in CGI sui dinosauri? Perché pare che, tra i co-protagonisti di questo originalissimo film, ci sarà anche un enantiornite. Alex, l'Alexornis (che fantasia. Chissà se avessero scelto un Alethoalaornis come lo avrebbero chiamato...).
Un enantiornite? Ma no! Perché? Perché scomodare gli enatiorniti? Era uno dei pochi cladi di theropodi mesozoici non ancora immischiato in queste produzioni di massa, era ancora uno dei pochi gruppi di cui potevamo parlare senza vederci circondare da schiere di fallomarmocchi CGI-dipendenti, e potevamo stare tranquilli che nessuno avrebbe intasato la rete con discorsi senza senso e senza pudore. Perché avete profanato uno dei pochi cladi ancora immacolati?
Che siate maledetti, voi e la vostra dannata CGI!

Ad ogni modo, se qualcuno si chiedesse cosa conosciamo di Alexornis, questi sono i resti dell'unico esemplare noto (Brodkorb 1976).
Olotipo ed esemplari riferiti di Alexornis antecedens (da Brodkorb 1976): frammento di omero, di scapolocoracoide, di femore e di tibia.
Questo, per mostrarvi quanto il 99% nell'aspetto dell'animale che vedrete (se andrete al cinema a vedere Walking with Aladar) sarà del tutto inventato.

So che qualcuno non resisterà alla tentazione di parlarne, ma non mi interessa parlare del film che uscirà a Natale: il post era solo una scusa per parlare male dell'odioso film della Disney e per citare un membro di Enantiornithes.


Bibliografia:
Brodkorb, P. (1976) Discovery of a Cretaceous bird, apparently ancestral to the orders Coraciiformes and Piciformes (Aves: Carinatae). Smithsonian Contributions to Paleobiology 27: 67-73.

Famiglie di Deinonychus, di ieri e di oggi

Emily Willoughby è una giovane illustratrice naturalistica di cui ho parlato anche in passato, e di cui apprezzo molto i paraviani che illustra.
Oggi, Emily ha pubblicato un bozzetto di una sua opera avente come tema una ipotetica "famiglia di Deinonychus", e descrive nel dettaglio le basi scientifiche per quella che, la stessa autrice lo sottolinea, è una speculazione artistica. Se avete memoria, quattro anni fa pubblicai un post con incluso un mio "disegno di gioventù" realizzato nel 2002, avente come tema la "stessa" famiglia di Deinonychus illustrata da Emily. Questa "convergenza memica" è molto interessante e curiosa, e merita di essere analizzata e discussa. Ringrazio quindi Emily che mi ha concesso di mostrare la sua opera su Theropoda (non mancate di visitare il suo sito!).
Premetto subito che il confronto non sarà sul piano artistico, dato che sarebbe ridicolo: io non sono un illustratore né pretendo di essere inteso come tale, e non ha senso paragonare i miei bozzetti amatoriali con le opere di Emily. Il mio interesse è invece relativo alle idee, i concetti, le interpretazioni ed i paradigmi che emergono dal confronto tra le due opere, che, appare evidente, sono molto simili in alcuni aspetti ma differenti in altri.
Le due opere si somigliano in vari aspetti:
-Hanno come tema Deinonychus.
-Illustrano una relazione parentale.
-Sono mostrati due adulti e 6-7 esemplari giovanili (e notare come la disposizione dei giovani e degli adulti sia simile: due giovani sono più vicini all'adulto di sinistra, gli altri sono nel "settore" dell'adulto di destra).
-Il piumaggio degli adulti è più elaborato e complesso che nei giovani.
-Il piumaggio dei giovani ricorda quello dei giovani casuari: striato longitudinalmente.

Le due opere differiscono in vari aspetti:
-Il piumaggio nell'opera del 2002 è meno voluminoso ed elaborato che in quella del 2013 (nondimeno, per essere un'opera del 2002 che illustra Deinonychus, era piuttosto all'avanguardia per i tempi nel mostrare remiganti primarie sul braccio).
-A parte la tipologia di piumaggio, gli esemplari giovanili paiono proporzionalmente più voluminosi, rispetto ai loro genitori, nell'opera del 2013 rispetto a quella del 2002.
-Nell'opera del 2002 pare esservi una forma di "gioco" o comunque di interazione non-aggressiva tra un adulto e un giovane, mentre nell'opera del 2013 questo è esplicito, dato che vari giovani sono trasportati dagli adulti, i quali quindi ne tollerano la presenza.
-Nell'opera del 2002, un adulto sta trasportanto del cibo, quindi è implicita una nutrizione attiva dei giovani. Questo non appare nell'opera del 2013.

Analizziamo le due opere in base ai contenuti scientifici.
Piumaggio. Nel 2002, illustrare un Deinonychus piumato, sebbene sostenuto dalla scoperta recente di Sinornithosaurus e Microraptor, era comunque considerato ardito e speculativo. La presenza di remiganti primarie nell'opera del 2002 è dedotta dalla presenza di remiganti in Caudipteryx, che implica una distribuzione di quelle penne in tutto Maniraptora. Rispetto all'opera del 2013, il piumaggio nell'opera del 2002 è comunque relativamente meno elaborato e più corto, e la vistosa esposizione della struttura muscolare sottostante il tegumento è una evidente influenza dello stile di G.S. Paul. Dettaglio curioso, nell'opera del 2002 il mascellare è rivestito di piumaggio (ma non il premascellare, che pare corneo), mentre nell'opera del 2013 l'intera regione antorbitale pare priva di piumaggio. Entrambe le ricostruzioni includono una cresta di penne erettili a livello della nuca.
Cure parentali. Entrambe le opere presuppongono delle cure parentali in Deinonychus protratte non solo alla covata ma anche ai giovani, almeno fino allo stadio di crescita mostrato nelle immagini. Nell'immagine del 2002, le cure parentali includono anche la nutrizione attiva dei giovani. Attualmente, non esistono prove né di cure parentali protratte dopo la schiusa né tanto meno di nutrizione attiva nei theropodi mesozoici. Abbiamo prove di cure parentali alle uova, ma nessuna di cure parentali dopo la schiusa. Pertanto questa scelta in entrambe le opere è puramente speculativa. Attualmente, non pare esserci prova che i giovani maniraptori basali fossero inetti, e che quindi avessero necessità di intense cure parentali. Entrambe le opere comunque non seguono una simile interpretazione "inetta", dato che gli esemplari giovanili paiono perfettamente abili e mobili, quindi precoci: tale livello di indipendenza è simile a quello osservato nei coccodrilli e in molti uccelli moderni non-neoaviani, come gli anatidi, i galliformi e i ratiti.
Dimensione della prole. In entrambe le opere, i giovani hanno dimensioni molto inferiori a quelle degli adulti. Questa differenza dimensionale indica che gli esemplari sono, alternativamente, molto giovani e/o che alla schiusa fossero molto piccoli dimensionalmente. Nonostante le ridotte dimensioni, i giovani sono tutti attivi, completamente piumati e mobili. Traslato dagli uccelli attuali, ciò conferma l'interpretazione che entrambe le opere seguano una concezione "iper-precoce" per la biologia evolutiva dei theropodi mesozoici, simile a quello che si osserva nei ratiti e galloanseri.
Sopravvivenza della prole. In generale, una marcata differenza di dimensione tra giovani alla schiusa e adulti è correlata ad un elevato numero di uova. Interessante notare che, tuttavia, entrambe le opere includano praticamente lo stesso numero di giovani (7 vs 6). Se, da un lato, ciò è probabilmente un'esigenza artistica (disegnare 25 piccoli non è proprio un lavoro da poco...), il numero simile pare comunque suggerire una simile visione delle dimensioni della covata. Tuttavia, una covata di 6-8 uova è un numero troppo basso per essere plausibile in base ai fossili noti: sia Troodon che gli oviraptoridi mostrano nidi con un numero di uova variabile tra 15 e 25, e non ci sono motivi per ritenere che Deinonychus non producesse covate simili. Pertanto, se la vostra famigliola di Deinonychus ha 6-7 piccoli, dovete ammettere che almeno 10-15 uova non siano schiuse, oppure che siano schiuse ma che nel frattempo 10-15 giovani siano morti. Questo tasso di mortalità giovanile è del tutto plausibile (se non, paradossalmente, persino ottimistico) considerando ciò che sappiamo sulla sopravvivenza dei giovani rettili e uccelli terricoli.
Interazione sociale. Entrambe le opere mostrano, seppur con modalità differenti, una forma di interazione sociale tra i giovani e gli adulti. Un simile livello di interazione sociale, ovviamente, non può preservarsi a livello di fossili, o comunque difficilmente potrebbe preservarsi in modo da essere riconoscibile senza ambiguità, e quindi resta esclusivamente nell'ambito della pura speculazione. Va detto che, tuttavia, alla luce dei dati noti [che mostrano un tasso di mortalità elevato e covate numerose (quindi strategia r), cure parentali limitate alle covate e plausibilmente non estese ai giovani, grande disparità anatomica e dimensionale (e quindi anche ecologica) tra adulto e giovane, e condizione iper-precoce nei giovani] è più probabile che le interazioni sociali tra adulto e giovani fossero poco sviluppate e non così intense ed elaborate come nelle immagini. Nei grandi uccelli terricoli, sovente un adulto sorveglia i giovani per un qualche intervallo di tempo dopo la schiusa, ed eventualmente può fornire protezione contro i predatori, ma tale relazione non si protrae per un tempo sufficientemente lungo per lo sviluppo di complesse e durature relazioni sociali tra gli individui. La differenza eco-morfologica tra giovani ed adulti, molto marcata nei theropodi (al punto che spesso i denti dei giovani hanno morfologia differente da quella adulta) implica che gli animali si nutrissero di prede differenti a seconda dell'età, e che quindi i genitori non procurassero il cibo ai giovani, i quali, essendo iper-precoci, erano autonomi nella nutrizione. La mancanza di un legame diretto a livello della nutrizione è un forte limite all'evoluzione di qualche forma di intensa socialità tra genitori ed adulti. 
Pertanto, l'immagine di un legame sociale intenso mostrata in ambo le immagini, con adulti che trasportano i piccoli o che li nutrono direttamente, è in contrasto con i fossili attualmente noti, e non rappresenta un'interpretazione particolarmente plausibile.

13 settembre 2013

Abbiamo degli esemplari completi di Deinocheirus? [Aggiornamento]

Deinocheirus è uno dei theropodi più enigmatici e suggestivi scoperti.
Le sue affinità ornithomimosauriane sono riconosciute almeno da 25 anni, quando Gauthier (1986) evidenziò le sinapomorfie tra il theropode gigante del Nemegt e gli ornithomimidi.
Tuttavia, data la frammentarietà dell'unico esemplare noto, la posizione filogenetica di Deinocheirus in Ornithomimosauria è molto problematica. 
Sia Makovicky et al. (2004) che Kobayashi e Barsbold (2006) ritengono Deinocheirus un ornithomimosauro basale, dato che esso non presenta alcune sinapomorfie degli altri ornithomimosauri. Anche Megamatrice avvalora questa ipotesi. Almeno, in base ai dati noti finora.
Tale posizione molto basale (se non proprio la più basale) in un taxon Maastrichtiano implica una ghost-line che risale ad almeno il Barremiano (età più antica dei restanti ornithomimosauri noti), ovvero lunga 55 milioni di anni. Sebbene io non abbia problemi ad ammettere tali ghost-line, in questo post voglio proporre, come pura ipotesi, uno scenario alternativo e radicale, che annulla la ghost-line di Deinocheirus.
Deinocheirus è indubbiamente un theropode con dimensione adulta gigantesca, comparabile a quella di Tyrannosaurus. I grandi dinosauri sono caratterizzati da radicali trasformazioni lungo l'ontogenesi. Sovente, queste trasformazioni radicali tendono a mascherare i caratteri giovanili. In questo caso, quindi è plausibile che Deinocheirus da adulto possa "apparire meno ornithomimosauriano" rispetto agli adulti delle altre specie di ornithomimosauri suoi parenti. Pertanto, la posizione filetica "basale" di Deinocheirus potrebbe essere (almeno in parte) influenzata e distorta dalla sua morfologia gigante, che "maschera" parte delle sinapomorfie ornithomimosauriane, facendolo "apparire" più plesiomorfico di quanto sia effettivamente. 
Ovvero, potrebbe (almeno in via teorica) essere che Deinocheirus sia ben più derivato di quanto risulti dalla sua morfologia (per ora limitata all'arto anteriore)?
Ammettendo questa ipotesi di partenza, e considerando che prima di raggiungere la dimensione adulta gigante ogni Deinocheirus debba passare (ovviamente) per stadi immaturi meno giganteschi, ne consegue che il giovane di Deinocheirus potrebbe apparire "più" ornithomimide rispetto all'adulto, e quindi potrebbe essere interpretato erroneamente per una specie distinta. Se comparate "Nanotyrannus" con Tyrannosaurus osservate lo stesso fenomeno: "Nanotyrannus" è più simile a forme basali di tyrannosauroidi rispetto a Tyrannosaurus adulto, proprio perché gli stadi giovanili di forme giganti spesso somigliano ai parenti non-giganti.
Pertanto, seguendo questo ragionamento, e ammettendo che il giovane Deinocheirus sia di fatto un ornithomimide "normale" rispetto all'adulto, è automatico ipotizzare che possano esistere esemplari dalla Formazione Nemegt, di taglia inferiore a Deinocheirus adulto e morfologia ornithomimide, che sono quindi dei giovani Deinocheirus, sebbene confusi per altre specie.
Se non avete raggiunto la conclusione a cui il mio discorso porta, la svelo in modo diretto: è possibile che Gallimimus sia niente altro che il giovane Deinocheirus?
Per testare una eventuale plausibilità di questa ipotesi, ho per prima cosa valutato cosa accade a imporre una relazione di parentela diretta tra Gallimimus e Deinocheirus: se i due generi sono effettivamente sinonimi basati su stadi di crescita differenti di uno stesso taxon, forse il loro nodo, per quanto mai ottenuto finora in analisi filogenetiche, potrebbe nondimeno essere una alternativa con una qualche consistenza statistica.
Per questo test, ho usato una versione ridotta della recente analisi di Coelurosauria di Novas e Agnolin, focalizzandola sugli ornithomimosauri. Ho rimosso buona parte dei taxa non rilevanti. I due taxa non-coelurosauri inclusi ed alcuni coelurosauri non-ornithomimosauri hanno agito da gruppi esterni per la polarità. Ho analizzato la matrice senza imporre alcuna monofilia e l'ho comparata con una versione in cui il nodo "Deinocheirus + Gallimimus" sia imposto a priori, ovvero, con imposta la sinonimia dei due taxa.
La versione con Gallimimus e Deinocheirus come sinonimi risulta 7 steps più lunga della versione "ufficiale". Questa differenza risulta, in base al test di Templeton, con una probabilità di solo il 2-3% di essere meramente casuale. Quindi, parrebbe che le differenze morfologiche tra i due taxa siano sufficienti per escludere che siano legati a livello filetico. Tuttavia, va precisato che:
1) il campione dei caratteri che variano è basso (N=9), e questo solleva il dubbio che Deinocheirus sia troppo frammentario perché le sua anatomia nota sia sufficiente per sancirne in modo risolutivo la posizione. Ovvero, il risultato del test potrebbe essere non sufficientemente robusto per fornire una risposta statisticamente significativa. 
2) L'analisi filogenetica lavora assumendo che i due animali siano effettivamente dei taxa distinti, ma non è in grado di separare un eventuale segnale "ontogenetico", ovvero, il fatto che i due taxa risultino fileticamente distinti potrebbe essere solamente un sostegno all'ipotesi che l'adulto di Deinocheirus fosse molto modificato rispetto alla forma-Gallimimus, ma non una "dimostrazione" che i due morfotipi siano specie distinte.
Per ora, direi che la versione ufficiale abbia qualche punto a suo favore.
In ogni caso, non mi risulta che siano state effettuate analisi istologiche sugli esemplari di Gallimimus per valutarne lo stadio ontogenetico: se gli esemplari più grandi risultassero adulti maturi, la mia ipotesi sarebbe falsificata. Ma se risultassero immaturi, allora ci sarebbe un sostegno indiretto a questa ipotesi... Se qualcuno volesse fare queste indagini istologiche, mi renderebbe felice, anche nel caso risultasse che Gallimimus è valido e basato su adulti maturi.
Infine, un risultato interessante si ricava analizzando la distribuzione dei caratteri che risulta nella versione in cui Deinocheirus e Gallimimus siano impostati come sister-taxa: il loro nodo non è basato su alcuna sinapomorfia, nemmeno sotto ottimizzazione. Questo è un altro punto a favore della versione "tradizionale". Tuttavia, in questa topologia, Gallimimus risulta privo di autopomorfie non-ambigue rispetto a Deinocheirus, mentre questo ultimo risulta con ben 9 autapomorfie non-ambigue, tutte reversioni di condizioni ornithomimosauriane. Ciò, nello scenario ontogenetico, è coerente proprio ammettendo che Gallimimus non sia "un vero taxon" ma solamente la versione immatura di Deinocheirus.

Ripeto, questa è solo un'ipotesi eterodossa, un gioco mentale, non sto sostenendo che sia valida.

PS: nel caso vi chiedeste come dovremmo chiamare questo animale in caso di sinonimia, il nome valido sarebbe Deinocheirus mirificus per priorità (1970 vs 1972).

[Aggiornamento del 01 novembre 2013: con grande piacere, da oggi l'ipotesi proposta in questo post è falsificata. I dettagli al momento opportuno...]

Bibliografia: 
Gauthier, J. A. 1986. Saurischian monophyly and the origin of birds. pp. 1-55 In Padian, K. (ed.) The Origin of Birds and the Evolution of Flight. Memoirs of the California Academy of Sciences 8.
Kobayashi, Y., and Barsbold, R. (2006). Ornithomimids from the Nemegt Formation of Mongolia. Journal of the Paleontological Society of Korea, 22(1): 195-207.
Makovicky, P.J., Kobayashi, Y., and Currie, P.J. (2004). Ornithomimosauria. In D.B. Weishampel, P. Dodson and H. Osmólska (eds.), The Dinosauria, Second Edition. University of California Press, Berkeley.



11 settembre 2013

Jurassic World: The Lost Park


*...e tutte le possibili iterazioni ("Jurassic Lost: The World Park", e via dicendo).
Non tutti i miei lettori possono ricordarlo, ma ci fu un tempo, oramai passato, in cui "giurassico" era solamente un aggettivo relativo a concetti di geologia stratigrafica e biologia evoluzionistica, e non, come oggi, anche - e sopratutto - un dispregiativo colloquiale. Circa un ventennio fa, il prematuramente scomparso M. Crichton ha trasformato un oscuro termine della stratigrafia, relativo ad una successione geocronologica (e corrispondente serie cronostratigrafica) in uno dei termini maggiormente abusati degli anni novanta. Ricordo manifestazioni studentesche in cui striscioni di decine di metri inneggiavano contro la riforma del tal ministro giurassico, o contro quei professori, rei - evidentemente - di essere stati rinvenuti in successioni bajociane...
nota: Per motivi che ritengo tanto ottusi quanto deleteri, in geologia si usano i medesimi nomi per definire le sequenze geocronologiche e quelle cronostratigrafiche. Questo fatto, ovviamente, genera solamente confusione e non permette di distinguere il Giurassico, inteso come un insieme di oggetti stratigrafici (strati, rocce) dal Giurassico, inteso come un intervallo di tempo del passato. I due "Giurassici", pur avendo lo stesso nome, sono concetti ed enti ben differenti: anche se risulta ovvio che le rocce giurassiche sono giurassiche come cronologia, non si capisce per quale motivo non si debba usare nomi (anche solo lievemente) differenti per chiamare rocce e momenti del tempo. Ad esempio, usare "Giurassico" per le rocce e "Giuriano" per I momenti, o qualcosa di simile. aiuterebbe molti a non confondere, come invece accade regolarmente, tra rocce e momenti.


PS: tranquilli, questo font lo uso solo per questo post. 
PPS: 
* vs +

09 settembre 2013

Nuovi ornithothoracini di fine estate - 2: Zhouornis ed i "miniraptor"

Che gli enantiornithi siano simpatici, l'ho già scritto altre volte; ma merita sempre di essere rimarcato. 
Se penso a quante specie di enantiornithi potrebbero essere esistite nel Cretacico e attendono di essere scoperte (stima ottenuta estrapolando la pletora concentrata nota finora solo da una ristretta area di giacimenti idonei - perlopiù cinesi - ed estendendola a scala planetaria) mi prende una gioiosa euforia. Non è un caso che il mio primo taxon istituito sia proprio un enantiornithe.
Gli enantiornithi hanno tutto quello che mi rende felice:
- sono theropodi (e già questo basterebbe...)
- sono di piccola taglia (sì, io ho un debole per i theropodi che puoi osservare completamente stando seduto ad un tavolo)
- sono dannatamente omoplastici (l'ultima grande area di Megamatrice che si ostina a non generare un pattern stabile è proprio Enantiornithes), e ciò è segno di una complessità filetica ancora tutta da sondare
- sono pubblicati a ritmo sostenuto, segno che stiamo vivendo l'aurea età della loro ricerca.

Un nuovo esemplare di enantiornithe, praticamente completo ed articolato, e che fornisce informazioni su regioni anatomiche poco note per questi theropodi, è stato pubblicato recentemente. L'esemplare proviene dal nord est della Cina (la località precisa, purtroppo, è ignota) e costituisce uno degli enantiornithi più grandi dal Cretacico Inferiore (taxa patagonici ed europei del Cretacico Superiore tendono ad avere dimensioni maggiori di quelli cinesi). Zhang et al. (2013) riferiscono l'esemplare ad un nuovo taxon, Zhouornis hani

L'olotipo conserva dettagli che generalmente sono poco noti in questi theropodi (sopratutto le forme cinesi, spesso conservate sotto forma di compressioni "bidimensionali" su lastra) quali la regione occipitale, esposta posteroventralmente, e il complesso atlante-epistrofeo, esposto dorsalmente. Il cranio ha subito una deformazione a livello della regione nasale, e sono cauto nell'interpretare le proporzioni del rostro, che, vagamente, ricorda Eoenantiornis. Omero e sterno sono relativamente plesiomorfici per un enantiornithino, mentre il bacino è poco conservato. 
Il piede è molto interessante, in quanto mostra il secondo dito che è ben più robusto degli altri e porta un ampio ungueale. Una configurazione simile è presente in Sulcavis, e dimostra come la specializzazione del secondo dito del piede nel portare un robusto ungueale non sia prerogativa esclusiva dei deinonychosauri ma sia un'omoplasia diffusa in Paraves (sì, sto parlando con te, Balaur).
Zhang et al. (2013) non includono Zhouornis in un'analisi filogenetica, sebbene forniscano una serie di comparazioni con i taxa meglio noti di Enantiornithes.
Immesso in Megamatrice, Zhouornis risulta sister-taxon di Sulcavis, e tale nodo è supportato da caratteri della dentatura, mandibola, arto anteriore e piede. Pare quindi un clade relativamente robusto, e che suggerisce l'esistenza di una linea di "miniraptor", enantiornithi di dimensioni medio-grandi e secondo dito del piede "raptorio".
Un altro motivo per provare simpatia per questi theropodi.

Bibliografia:
Zhang, Z., Chiappe, L.M., Han, G., Chinsamy, A. (2013). A large bird from the Early Cretaceous of China: New information on the skull of enantiornithines. Journal of Vertebrate Paleontology 33(5): 1176-1189.

06 settembre 2013

Illustra il sinapside

Il 23 agosto scorso scrissi un post che invitava i lettori a inviarmi una ricostruzione in vivo di un'animale basato su uno scheletro.
Ringrazio chi ha partecipato!
Lo scopo della "competizione paleoartistica" era molteplice.
Da un lato, ero curioso di vedere come diverse mani, con differenti esperienze, conoscenze e tecniche, avrebbero "ricreato" l'animale. I risultati sono interessanti. In generale, tutti hanno riconosciuto il gruppo di appartenenza dello scheletro illustrato, alcuni con una precisione assoluta.
Inoltre, lo scopo del "contest" era di mostrare come sia variabile il modo di ricostruire un animale, persino nei casi - come questo - in cui l'aspetto dell'animale sia "verificabile", dato che, per chi non lo avesse colto, si tratta di un animale vivente, non estinto.
Ecco le varie opere.

05 settembre 2013

Bobosaurus: il più antico plesiosauro era italiano?

Continua la serie di nuove ricerche paleontologiche su materiale fossile italiano. Non solo con studio di materiale nuovo, ma anche con rivalutazione e ulteriore studio di fossili già noti.
Recentemente, Renesto e Bernardi (2013) hanno ristudiato un piccolo rettile dal Triassico Medio delle Dolomiti, Megachirella, istituito dieci anni prima ma che non aveva ancora ricevuto una rigorosa preparazione e analisi filogenetica. Megachirella risulta essere un lepidosauromorfo prossimo alla divergenza tra Squamata e Rhynchocephalia, quindi un taxon chiave per comprendere l'origine di uno dei cladi di tetrapodi di maggiore successo.
Uno studio analogo, su un altro rettile italiano triassico, mi ha coinvolto recentemente, ed è pubblicato in questi giorni. Si tratta del terzo studio del "Sauroniops-Team", composto da me, Fabio Marco Dalla Vecchia e Matteo Fabbri.
In questo studio, Fabbri et al. (2013) ri-analizzano un rettile sauropterygio dell'inizio del Triassico Superiore del Friuli, Bobosaurus forojuliensis, descritto ed istituito da Dalla Vecchia nel 2006. 

L'obiettivo di questo nuovo studio era di descrivere alcuni elementi non preparati nel 2006, in particolare la regione distale dell'omero, la cui preparazione ha evidenziato alcuni caratteri significativi per comprendere la posizione filogenetica di questo taxon, e di analizzare nel dettaglio le affinità di questo rettile, sia in relazione alla grande radiazione dei rettili marini triassici, sia alla luce della sua possibile parentela con i plesiosauri, noti solo dalla fine del Triassico e ampiamente diversificati nel Giurassico e Cretacico.
Da tempo, è noto che i plesiosauri sono imparentati con un particolare gruppo di sauropterygi triassici, i pistosauridi, assieme ai quali formano Pistosauroidea. A loro volta, i pistosauroidi, assieme ai nothosauroidi ed ai placodonti, formano Sauropterygia, un clade di grande successo, esclusivamente mesozoico, caratterizzato da successive fasi di adattamento ed espansione all'ambiente acquatico. Nessuno dei cladi di sauropterygi noti nel record fossile triassico persiste nel Giurassico, mentre non si conoscono plesiosauri coevi con gli ultimi pistosauroidi triassici (e con gli altri sauropterygi). In breve, esiste un vuoto nella documentazione fossile di Sauropterygia, tra i pistosauroidi (e gli altri cladi basali) del Triassico ed i plesiosauri giurassici.

Ricostruzione in vivo di Bobosaurus ad opera di D. Bonadonna
Bobosaurus è un grosso sauropterygio (lungo circa 4 metri) basato su un esemplare relativamente completo, sebbene manchi quasi tutta la testa. Le sue caratteristiche peculiari ricordano in alcuni dettagli i nothosauroidi ed i placodonti, sebbene nella maggioranza della sua anatomia è molto simile ai pistosauridi quali Augustasaurus, Yunguisaurus e Pistosaurus. Tuttavia, alcune caratteristiche nei denti, nelle vertebre, nell'omero e nel cinto pelvico, ricordano anche i plesiosauri giurassici.
Dalla Vecchia (2006) propose due possibili interpretazioni di Bobosaurus: come pistosauride (quindi affine a Pistosaurus e Augustasaurus) oppure come possibile parente dei plesiosauri, più vicino a questi ultimi rispetto agli altri pistosauroidi. Tuttavia, nel suo studio del 2006, Fabio non eseguì delle analisi numeriche sulla distribuzione di questi caratteri.
Matteo e Fabio mi coinvolsero in questo studio su Bobosaurus, che fu a sua volta oggetto della tesi di laurea triennale svolta da Matteo sotto la supervisione di Fabio, circa un anno fa. Il mio contributo allo studio è stato prettamente metodologico: ho svolto le analisi filogenetiche dei dati raccolti da Matteo e Fabio ed ho svolto i vari test per determinare la robustezza dei risultati.
I risultati delle analisi filogenetiche (una focalizzata sull'intero Reptilia e Sauropterygia, per confermare le affinità pistosauroidi di Bobosaurus, l'altra focalizzata solo su Pistosauroidea, comprendente quindi pistosauridi e i plesiosauri più antichi) concordano nel collocare Bobosaurus più vicino ai plesiosauri rispetto agli altri pistosauroidi. Questi risultati non sono influenzati dalla scelta dell'analisi, né da fattori quali l'omoplasia dei caratteri, e indicano che Bobosaurus è collocabile lungo la linea che, una volta separatasi dagli altri pistosauroidi, porta ai plesiosauri giurassici.

Bobosaurus risulta più affine ai plesiosauri giurassici rispetto a ogni altro rettile triassico, inclusi gli altri pistosauroidi (non mostrati nell'immagine).

Bobosaurus può quindi essere considerato il "plesiosauro più primitivo"? Dipende da come si definisce il concetto di "plesiosauro". Se si segue un concetto tipologico di "plesiosauro", per cui è un Plesiosauria solamente un animale che ha tutte le caratteristiche tradizionalmente ritenute "tipiche" dei plesiosauri, allora la risposta è negativa: Bobosaurus ha sì alcune di queste caratteristiche, ma non le possiede tutte. In tal caso, esso è da considerare un pistosauroide molto prossimo ai plesiosauri, ma non un "vero plesiosauro". Se invece si segue una definizione filogenetica di Plesiosauria, che non sia vincolata a concezioni tipologiche, come quella definita da Ketchum e Benson (2010) ("Plesiosauria = il clade più inclusivo comprendente Plesiosaurus e Pliosaurus ma escludente Augustasaurus") allora Bobosaurus è un plesiosauro a tutti gli effetti, e per la precisione, è il plesiosauro più basale attualmente noto. Questa seconda definizione di plesiosauro non è ancòrata al concetto "tradizionale" di plesiosauro, è più "fluida" ed evoluzionistica, in quanto ammette che i plesiosauri evolvano da forme pre-esistenti, e che pertanto le forme più basali del gruppo non presentino necessariamente l'intera serie di caratteristiche che si riscontrano nelle forme derivate del Giurassico. Noi abbiamo ritenuto più corretto seguire una definizione filogenetica, piuttosto che una vaga concezione "tipologica", e quindi abbiamo seguito la più recente pubblicata, proprio quella di Ketchum e Benson (2010).
Come avrete notato, queste disquisizioni sono prettamente semantiche, nominalismi su come chiamare un oggetto, sono quindi problemi secondari (anche se so che molti amano dibattersi sulle parole più che sugli oggetti a cui tali parole sono associate). Ciò che conta è il concetto emerso dalla nostra analisi: sia che lo consideriate "un pistosauroide molto prossimo ai plesiosauri" o che lo consideriate "il plesiosauro più basale", Bobosaurus resta un taxon chiave per comprendere l'evoluzione dei pistosauroidi e le fasi che hanno portato all'origine di forme perfettamente adatte alla vita in mare come i plesiosauri giurassici. Infatti, indipendentemente da come lo chiamate, Bobosaurus presenta alcune delle caratteristiche tipiche dei "veri" plesiosauri, come una dentatura formata da denti relativamente sottili e muniti di creste apicobasali dello smalto, una serie di modifiche nelle vertebre del collo e del torace, ed un omero robusto ed espanso distalmente. Questi caratteri, un tempo ritenuti esclusivi dei plesiosauri rispetto agli altri pistosauroidi, erano quindi già comparsi all'inizio del Triassico superiore, ed erano presenti nel più recente antenato comune di Bobosaurus e dei plesiosauri successivi. Pertanto, comprendere come si sia evoluto il bauplan dei plesiosauri, il loro "modello anatomico", non può prescindere dal considerare Bobosaurus, la sua ecologia e collocazione spazio-temporale. Bobosaurus non rappresenta necessariamente la forma ancestrale dei plesiosauri (presenta autapomorfie proprie che escludono una sua ancestralità diretta ai plesiosauri giurassici), ma nondimeno, esso è attualmente il fossile più simile alla condizione ancestrale da cui, alla fine del Triassico, si irradiarono i plesiosauri che avrebbero popolato i mari per i successivi 150 milioni di anni. Esso suggerisce che il record fossile dei primi plesiosauri è ancora in buona parte sconosciuto, e che ulteriori plesiosauri basali attendono di essere scoperti nelle rocce triassiche.

Come vedete, se fino allo scorso anno il record fossile italiano non pareva particolarmente significativo per i plesiosauri, ora abbiamo uno scheletro di plesiosauro ed abbiamo riconosciuto di possedere un fossile chiave per comprendere l'origine di uno dei cladi di rettili di maggiore successo.

Ringrazio i miei coautori, Matteo e Fabio, per avermi incluso in questo studio.
La ricostruzione scheletrica di Bobosaurus è del sempre eccellente Marco Auditore.
Davide Bonadonna ha realizzato la ricostruzione in vivo di Bobosaurus, ed è autore delle altre ricostruzioni incluse nel cladogramma.

Bibliografia:
Dalla Vecchia, F.M. (2006). A new sauropterygian reptile with plesiosaurian affinity from the Late Triassic of Italy. Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia 112 (2): 207–225.
Fabbri, M., Dalla Vecchia, F.M., Cau, A. (2013). New information on Bobosaurus forojuliensis (Reptilia: Sauropterygia): implications for plesiosaurian evolution. Historical Biology. doi: 10.1080/08912963.2013.826657.
Ketchum, H.F., Benson, R.B.J. (2010). Global interrelationships of Plesiosauria (Reptilia, Sauropterygia) and the pivotal role of taxon sampling in determining the outcome of phylogenetic analyses. Biological Reviews of the Cambridge Philosophical Society 85 (2): 361–392. 
Renesto, S., Bernardi, M. (2013). Redescription and phylogenetic relationships of Megachirella wachtleri Renesto et Posenato, 2003 (Reptilia, Diapsida). Paläontologische Zeitschrift. doi: 10.1007/s12542-013-0194-0.


04 settembre 2013

Nuovi ornithothoracini di fine estate - 1: Piscivoravis, un piscivoro e sulla linea hesperornithina? [Aggiornamento]

In questa settimana, sono stati pubblicati due nuovi aviali derivati dal Cretacico Inferiore della Cina. Per par condicio ornithothoracina, sono un euornithe ed un enantiornithe. Il primo, di cui parlo in questo post, è Piscivoravis lii (Zhou et al. 2013). L'unico esemplare noto è articolato anche se, purtroppo, manca della testa ad eccezione della regione del sospensorio mandibolare. Il nome del genere riferisce alla presence di contenuto stomacale in forma di resti di pesci teleostei. I resti di pasto includono anche un rigurgito nella regione golare, che probabilmente è analogo alle borre (formate dalle parti indigeste delle prede ingerite) che i rapaci odierni espellono per via orale.

L'analisi filogenetica svolta da Zhou et al. (2013) colloca Piscivoravis più derivato di Vorona e Archaeorhynchus, in una politomia che include Patagopteryx, Jianchangornis ed un nodo formato da Schizooura ed il nodo comprendente i songlingornithide ed i restanti euornithini.
L'immissione di Piscivoravis in Megamatrice ha prodotto un risultato nuovo ed inatteso in Euornithes. Piscivoravis risulta il membro più basale di una linea che include forme universalmente riconosciute come attere: Hesperornis (unico hesperornithide incluso), Patagopteryx e l'enigmatico Gargantuavis. Questo clade "Hesperornithes sensu latissimo" risulta esterno al nodo formato da Songlingornithidae e dagli euornithi più derivati: una posizione quindi molto basale rispetto alla tradizionale interpretazione per Hesperornis, evidentemente indotta dall'immissione del nuovo taxon cinese. Se risultasse confermato da future iterazioni, questo scenario ha implicazioni sull'origine degli hesperornithi e sulla pedita delle capacità alari in questi ornithothoracini.
Dettaglio di Euornithes nell'ultima iterazione di Megamatrice.

Come in altri casi di topologie inattese, questo è uno dei molti esempi delle potenzialità di analisi globali che includano più taxa possibili, quindi in grado di testare scenari altresì esclusi a priori da analisi con un minore campionamento tassonomico.

AGGIORNAMENTO DEL 6 SETTEMBRE 2013: Successive iterazioni dell'analisi, in particolare dopo un'importante ri-definizione dei caratteri trasformazionali, ha generato questa topologia di Euornithes, nella quale Piscivoravis resta esterno al nodo meno inclusivo comprendente Songlingornithidae ed Aves, mentre Hesperornis è "tornato a casa". Come sottolineo sempre, le topologie "inattese" sono utili strumenti, "segnali" dell'analisi per ri-controllare i caratteri e le codifiche. In questo caso, la ri-definizione era in programma a prescindere dal risultato precedente, ma nondimeno, ho preferito controllare alcuni caratteri che incidevano su quella topologia "eterodossa".



Bibliografia:
Zhou, S., Zhou, Z., O'Connor, J. (2013). A new piscivorous ornithuromorph from the Jehol Biota. Historical Biology: 1. doi:10.1080/08912963.2013.819504.