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30 giugno 2013

Tempo

Post che attraversa il tempo ed i tempi con disinvolta noncuranza, quasi irrispettosamente.
Il tempo è la grande ossessione del paleontologo. Dimenticare la dimensione temporale in paleontologia, riducendo la disciplina ad una sorta di "zoologia aliena" o ad una carrellata di mondi perduti, slegati tra loro, osservati come un documentario sul Serengeti, significa uccidere la paleontologia estirpandole il suo cuore pulsante. 
La scala e la misura del tempo è fondamentale in ogni aspetto della paleontologia. 
L'incapacità (o la disattenzione) verso la componente cronologica genera grandi fraintendimenti.
In molte occasioni ho citato il Tempo Profondo come "altro" tempo rispetto a quello che sperimentiamo nella nostra esistenza individuale (ed anche rispetto a quello "sperimentato" dalle nostre collettività storiche). Nella maggioranza dei casi, il Tempo Profondo era menzionato come tempo del processo evolutivo. Ma il Tempo Profondo è anche il tempo della tafonomia, del processo che genera i fossili. E come nel caso del tempo evoluzionistico, il tempo tafonomico non si può ridurre ad una narrazione lineare di eventi consequenziali, a relazioni "sperimentabili" di cause ed effetti. Un'associazione fossile risultato dell'accumulo di corpi in decine (se non centinaia) di anni può essere stravolta dall'occhio distratto, il quale può vedere un'immediatezza ed una contemporaneità (quindi delle causalità) inesistenti. Molti "branchi", "mandrie" e "comunità" nascono dimenticando che il Tempo Profondo plasma le associazioni fossilifere secondo logiche differenti da quelle del tempo "tradizionale". L'ossessione per una paleontologia "documentaristica" o "narrativa" può giocare questi scherzi. Il desiderio di vedere una "scena preistorica", per quanto lecito e comprensibile, può avere un senso nella finzione della paleoarte, ma non può essere il motore delle nostre interpretazioni delle associazioni fossilifere. Il sonno della consapevolezza tafonomica genera mostri interpretativi.
Anche nel caso di episodi repentini, eventi catastrofici o rare sequenze "pietrificate" (penso al famoso caso dei "dinosauri combattenti") occorre sempre distinguere tra il tempo puntiforme dell'evento biologico (parzialmente preservato) ed il Tempo Profondo fattore dell'oggetto fossile.
Questo post parla del tempo, in tutte le sue manifestazioni, compreso il mio tempo, quello del vissuto personale. Negli ultimi quattro anni mi sono dedicato con intensità alla ricerca. Le contingenze hanno permesso che, con tutti i limiti e le grossolanità della mia condizione di "libero ricercatore", io abbia partecipato ad alcune ricerche molto interessanti ed affascinanti. Penso a Neptunidraco, al plesiosauro del Kaberlaba, ad Aurornis. Ma non solo. Altri progetti, ugualmente affascinanti, ai quali ho partecipato negli ultimi anni, stanno per vedere la luce. Il motivo di tanta attività è legato proprio al tempo, alla consapevolezza del suo scorrere inesorabile. Il tempo scorre per tutti, sebbene con significati differenti. Mentre scrivo queste parole, sento da qualche televisore in lontananza che la nazionale italiana di calcio sta giocando una partita. Uno dei giocatori di quella nazionale, uno dei più importanti, è mio coetaneo, e da adolescente viveva e studiava nella mia città. Un mio carissimo amico è stato un suo compagno di scuola. Scrivo questo dettaglio privo di legami con la paleontologia per confrontare la vita di quel famoso calciatore, a me coetaneo, con la mia. Un calciatore a metà dei trent'anni è prossimo alla fine della carriera. Un paleontologo, fortunatamente, è ancora nella fase iniziale della propria. Ma non è nemmeno più tanto giovane. Ogni età ha le sue prerogative, e non è possibile essere eternamente studenti, eternamente principianti, eternamente novizi. Superata una certa età, se non si ha concluso qualcosa, è difficile portarlo a termine. Come non ha senso iniziare da zero una carriera da calciatore a 25 anni, non ha senso iniziarne una da paleontologo a 40. Per questo, forse, ho cercato il più possibile di dare un contributo significativo alla ricerca, nel mio piccolo, ma anche un contributo significativo alla mia personale realizzazione come persona, fintanto che le opportunità fossero disponibili, le energie al massimo, ed il tempo scorresse noncurante di sé.
Chi vivrà vedrà.

29 giugno 2013

Homo sapiens sensu Dinosauroide

Ricostruzione ipotetica di Homo sapiens, un mammifero gigante con un cervello sviluppato.
I mammiferi costituiscono, assieme agli squamati, la principale componente di microvertebrati nelle associazioni faunistiche continentali. Animali prettamente fossori o arboricoli, questi sinapsidi sono un classico esempio di vincolo evolutivo spinto. 
Caratteristiche di questa eccessiva specializzazione sono:
  • Eterodontia vincolante: i mammiferi hanno denti molto specializzati e regionalizzati, che generalmente funzionano solamente in precisa occlusione con i denti dell'arcata opposta. Questo adattamento della loro dentatura ha imposto la presenza di solo due serie di denti (una prima generazione, tipica dello stadio giovanile, ed una singola serie nella fase adulta), fattore che a sua volta limita pesantemente la durata della vita di questi animali. Infatti, perduti i denti della seconda generazione (per usura, danneggiamento, cosa molto frequente in animali che masticano molto), l'individuo muore di inedia.
  • Strategia riproduttiva di tipo K. I mammiferi sono relativamente prolifici, ma investono eccessivamente nelle cure parentali. In particolare, i mammiferi theri hanno evoluto una bizzarra forma di viviparità, che rende gli embrioni ed i feti dei parassiti della madre. Questo fatto crea una serrata competizione per le risorse tra individui di generazioni differenti, ovviamente svantaggiosa per la specie.
  • Endotermia con ventilazione inefficiente. I mammiferi hanno una forma di endotermia analoga a quella aviana. Nondimeno, il loro sistema respiratorio non mostra l'efficienza presente nei saurischi, e ciò pare limitare le potenzialità del loro metabolismo elevato.  Difatti, pur consumando elevate quantità di cibo rispetto alla loro mole, i mammiferi sono poco efficienti dal punto di vista locomotorio.
Nonostante questi fattori rendano svantaggioso, per i mammiferi, evolvere grandi dimensioni, non si può escludere che, qualora le condizioni lo permettano, alcuni di questi animali possano ri-evolvere le dimensioni di alcuni loro parenti permo-triassici, ad esempio alcuni dicinodonti. Ovviamente, sarà necessario che si sviluppino adattamenti in grado di compensare i limiti elencati sopra.
Alla luce di alcune similitudini tra mammiferi e theropodi, è stato ipotizzato che, qualora le condizioni ambientali fossero favorevoli, i mammiferi potrebbero evolvere una specie di grandi dimensioni e cervello sviluppato. Questo ipotetico "mammifero-intelligente" è stato battezzato Homo sapiens.
Lungo circa 120 centimetri, Homo sapiens presenta un corpo relativamente robusto, adatto ad una vita fossoria. La grande testa, contenente un cervello sviluppato, è ancorata ad un collo corto e tozzo. Olfatto ed udito sono molto sviluppati, e la regione del telencefalo è enormemente sviluppata. Lo sviluppo della muscolatura del collo, per sostenere la grande testa, e le dimensioni del cranio hanno indotto la riduzione degli arti anteriori. In analogia con i theropodi, Homo sapiens utilizza prettamente il muso ed il piede per manipolare e per costruire utensili. Homo sapiens vive in colonie matriarcali, che possono estendersi per molti chilometri quadrati nel sottosuolo. L'espansione del cervello ha imposto una massiccia riduzione della muscolatura temporale, che quindi non permette una masticazione efficiente. Di conseguenza, Homo sapiens è privo di denti, e si nutre prettamente di tuberi, che riduce in poltiglia tramite utensili, e di molluschi ed anellidi. La perdita dei denti ha rappresentato un vantaggio adattativo, che ha liberato Homo dal vincolo dovuto alla dentatura specializzata. In assenza delle due sole dentizioni mammaliane, l'animale ha infatti potuto allungare la durata della sua vita, quindi della fase di crescita, e quindi le dimensioni corporee (incluse quelle del cervello).
La coda è corta e tozza, e funge da bilancere quando Homo sapiens assume una postura bipede semieretta, vagamente analoga a quella dinosauriana. Tuttavia, l'assenza di muscoli caudofemorali, come in tutti i mammiferi, rende la sua andatura lenta e poco efficiente. Ovviamente, tale deficit non è uno svantaggio per animali prettamente fossori.
Quanto è credibile questo scenario?
Non tutti i mammalogi considerano Homo sapiens un'ipotesi plausibile. Secondo alcuni, il baupan mammaliano non permette l'evoluzione di specie con tali caratteristiche. Altri sostengono che, sì, un animale del genere è possibile, ma che probabilmente sarebbe una linea evolutiva relativamente breve e poco di successo, perlomeno a lungo termine. Infatti, questi critici fanno notare, qualora Homo sapiens diventasse dominante a scala continentale, il mix dato dalla sua specializzazione alimentare e dalla sua costosa strategia riproduttiva porterebbero velocemente la specie ad aumentare più rapidamente delle risorse alimentari, conducendo la specie all'estinzione per esaurimento delle risorse.

28 giugno 2013

World War ZL

Il Tempo Profondo ha regole tutte sue, ed è rischioso avventurarsi nel passato paleontologico senza le adeguate conoscenze e la consapevolezza di cosa può accadervi.
Normalmente, si assume che un taxon (specie o clade) sia "esistito" in un determinato intervallo di tempo. Ad esempio, Tyrannosaurus è esistito nel Maastrichtiano, Deinonychus nel Barremiano, Allosaurus nel Kimmeridgiano-Titoniano. Queste affermazioni sono, ovviamente, approssimazioni. Per due motivi.
Il primo, più immediato, è che questi taxa sono basati su pochi esemplari (spesso uno solo, o comunque limitati a pochi siti), e l'affermazione "X è vissuto nel piano A" è una semplificazione di "X è stato rinvenuto all'interno di una sequenza stratigrafica collocata internamente al piano A". Non disponendo di molti esemplari, è difficile stabilire l'effettiva "durata" di un taxon.  In teoria, potremmo aver rinvenuto uno dei pochissimi esemplari di una specie esistita per un brevissimo intervallo geologico, anche se ciò è statisticamente improbabile. Come facciamo a stabilire se quel taxon sia durato più o meno di quello che viene normalmente affermato?
Immaginate di avere solo qualche documento sulla vita di una persona, senza dati relativi alle date di nascita e morte. Potrete dire "Tizio è vissuto nel 1968", e "Tizio è vissuto nel 1973", ma non potrete stabilire con esattezza se sia vissuto primo a dopo. Pertanto, l'unica affermazione plausibile che potete stabilire è che "Tizio è vissuto tra il 1968 ed il 1973". Analogamente, quando affermate che "Tyrannosaurus è esistito nel Maastrichtiano" fate un'affermazione simile a quella del tizio vissuto tra il 1968 ed il 1973. 
Dai dati in vostro possesso, potete fare delle stime che estendono il range 1968-1973 della persona che state studianto. Ad esempio, se il documento datato 1968 è un certificato di laurea, potete ragionevolmente supporre che quella persona avesse almeno 20-25 anni nel 1968, dato che la grandissima maggioranza di coloro che si laureano ha almeno 20-25 anni quando si laurea (anche se, occasionalmente, ci sono delle persone particolarmente dotate che si laureano nell'infanzia, presumiamo che avendo "estratto" a caso una persona "normale", tale eventualità si possa scartare). Quindi, potete estendere come stima dell'esistenza di Tizio l'intervallo 1943/1948-1973, estendendo nel passato di almeno 20-25 anni prima del 1968. Tuttavia, nessuno può escludere che Tizio si sia laurato molto dopo il suo terzo decennio di vita, dato che è possibile laurearsi anche in tarda età. Da questo punto di vista, quindi, una data di laurea è poco utile per stabilire l'età di nascita di una persona, anche se permette di escludere date troppo vicine al 1968.
L'esempio che ho appena fatto, tuttavia, è poco pertinente per i taxa: dato che le specie nascono e si estinguono secondo processi non analoghi a quelli delle persone, non è possibile fare stime generali come nel caso di "quanto oltre all'intervallo 1968-1973" tale persona con laurea visse.
Nel Tempo Profondo esistono metodi e concetti differenti per stabilire (o almeno stimare) la durata di un taxon. 
Il dato sicuro è quello dei fossili in situ: se fossili del taxon X sono presenti (e non rimaneggiati) in uno strato definito, abbiamo la sicurezza che tale taxon è dell'età alla quale tale strato è riferito. Questo dato è l'equivalente paleontologico dell'intervallo 1968-1973 del mio esempio umano. Nel grafico qui sotto, tale intervallo corrisponde alle linee gialle dei quattro cladi A, B, C, D.

Possiamo affermare con certezza quasi assoluta che ogni taxon sia esistito per un intervallo maggiore o uguale della propria linea gialla. Tale certezza deriva dall'Effetto Signor-Lipps (da Signor e Lipps 1982, studio che per primo formalizzò questo principio). Il motivo è analogo a quello per cui siamo sicuri che Tizio non visse solamente nell'intervallo 1968-1973: dato che i fossili sono frammentari e rari, è improbabile che si disponga della completa sequenza documentata dell'esistenza di un taxon, ma solo di una sua porzione limitata: di conseguenza, un taxon ha sempre un'estensione maggiore di quella data dai resti fossili.
Ma quanto maggiore? Quanto sarà estesa tale linea, e come? L'Effetto Signor-Lipps prevede due estensioni della durata rispetto a quella documentata: una nel passato ed una nel futuro.
L'estensione nel passato può essere stimata in parte tramite la filogenesi: se il taxon C è sister-taxon del taxon D, ciò significa che sono derivati da un antenato comune, il quale - per la definizione di "antenato" - è vissuto necessariamente prima di entrambi. Pertanto, se l'antenato comune di D e C è vissuto prima di D, e se D ha un'antichità maggiore di C, allora anche la linea evolutiva di C deve essere antica almeno quanto quella di D (linea azzurra sotto la linea gialla di C). E lo stesso dicasi della linea del clade "C+D" che deve essere antica almeno quanto la linea di B.
Tale estensione nel passato di una linea in base alla durata documentata del suo sister-taxon è detta Ghost Line (GL). Ad esempio, siccome Spinosaurinae è sister-taxon di Baryonychinae (per definizione), siccome Baryonychinae risale almeno al Barremiano (125 milioni di anni fa) mentre Spinosaurinae non è documentato prima dell'Albiano (115 milioni di anni fa), dobbiamo dedurre una ghost line di Spinosaurinae che arrivi indietro di almeno altri 10 milioni di anni, per essere estesa almeno quanto quella di Baryonychinae. Badate bene che le ghost line non dicono nulla sull'effettiva durata delle specie/generi/cladi di tale linea: ciò non significa che Spinosaurinae "compaia" nel Barremiano, ma solo che la sua linea evolutiva doveva "già" essere presente, dato che Baryonychinae è documentato nel Barremiano. Tuttavia, nulla vieta che future scoperte estendano Spinosaurinae fino al Giurassico (e, in tal caso, anche Baryonychinae, o meglio: la sua ghost line, verrebbe esteso fino al Giurassico).
E per estendere nel futuro? Ciò è più problematico, dato che non esistono metodi filogenetici o empirici per estendere nel futuro la distribuzione di un taxon: solo i fossili, il dato diretto, permette di estendere nel futuro le linee di un clade. Lane et al. (2005) chiamano queste linee che "estendono" l'esistenza di un clade ben oltre la data (presunta) della loro estinzione (che, di conseguenza, risulta essere una falsa estinzione, un errore di lettura del dato fossile senza la dovuta correzione data dall'Effetto Signor-Lipps) con il nome di Zombie Line (ZL, linee viola nel grafico). Siccome solo la scoperta di nuovi fossili determina una ZL, e siccome la ZL è sempre posta dopo il fossile più rececente di tale taxon, una ZL è scoperta dall'atto stesso di eliminarla (almeno in parte).
Paradossalmente, infatti, è impossibile distruggere completamente le Zombie Line: nel momento in cui è "scoperta", ovvero, nel momento in cui si estende in avanti la durata di un taxon, tale linea è sì "de-zombiezzata", ma solo per quell'intervallo ora aggiunto (che diventa parte della effettiva esistenza del taxon in questione), ma ciò non intacca lo status di "ZL" del resto del tempo geologico successivo privo di documentazione. Ovvero, si può solo ridurre il range della loro possibile esistenza, ma mai eliminarle del tutto. L'unico modo sicuro per annullare una ZL di un taxon fossile è paradossale, perché equivale all'eliminazione dello stesso taxon fossile: infatti, nel momento in cui si estende sempre più in avanti una linea, si può alla fine arrivare al tempo presente, ma ciò corrisponde a dimostrare che un taxon fossile NON è un taxon fossile! 
In breve, le ZL si nutrono dell'assenza di documentazione fossile: se i fossili mancano da un particolare livello, infatti, può essere sia perché il taxon era effettivamente estinto in quel momento, ma anche perché, semplicemente, siamo nella sua ZL. Ed in entrambi i casi, non è possibile eliminare la ZL, perché anche qualora trovassimo infine dei fossili, essi direbbero solamente che la ZL si è ritirata in avanti, sfuggendo al nostro tentativo di eliminarla.
L'indistruttibilità delle Zombie Line, nonostante che esse "non siano determinabili" è uno dei tanti paradossi del Tempo Profondo.


Bibliografia:
Lane, A., Janis, C.M., and Sepkoski, J.J., Jr. 2005. Estimating paleodiversities: a test of taxic and phylogenetic methods. Paleobiology, 31(1):21-34. 
Signor, P. W., and J. H. Lipps. 1982. Sampling bias, gradual extinction patterns and catastrophes in the fossil record. Geological Society of America Special Paper 190:291–296.


26 giugno 2013

Un Terribile Futuro

Discutendo online con Jaime Headden di questioni attinenti la pratica dell'analisi filogenetica, ho - come mio solito - espresso una battuta che - come mio solito - mi ha indotto un pensiero più generale.
La letteratura ed il cinema ci hanno presentato numerose distopie, scenari di un futuro più o meno apocalittico dove la condizione umana, così come la concepiamo ora, è stata annientata o comunque severamente trasformata secondo modalità che, dal nostro punto di vista attuale, sono da considerare molto negative, se non insopportabili.
Molti di questi scenari sono ipotetici, e non abbiamo la certezza che ciò che viene descritto sarà effettivamente realizzato. Altri scenari, invece, hanno una robusta fondazione nei fatti e nelle leggi della Natura, e non possono in alcun modo essere evitati.
Uno scenario, terribile, disumano ed atroce, si è palesato ora ai miei occhi, in tutta la sua orrida evidenza.
Il petrolio è un combustibile fossile. I combustibili fossili, come sappiamo, non sono infiniti, e le loro fonti si riducono progressivamente man mano che le consumiamo per i nostri scopi.
I theropodi mesozoici sono fossili, e come il petrolio, la quantità totale degli esemplari attualmente esistenti sulla Terra (non solo nei musei, ma anche negli strati non ancora esposti o scavati) è un numero finito. Forse molto grande, tale che nessuno di noi ne vedrà mai la fine, ma nondimeno, tale numero è un numero finito.
Il tasso attuale delle scoperte dei theropodi è veramente elevato, e difatti, se tracciamo una curva delle scoperte di dinosauri in funzione dell'anno di scoperta, otteniamo una curva in rapida ascesa. Tuttavia, proprio perché sappiamo che i fossili non sono affatto infiniti (perché infinita non è la loro stessa fonte: i fossili si formarono nel Mesozoico, il quale è finito, sia nel senso filosofico di "non-infinito" sia nel senso concreto che "si è concluso"), allora dobbiamo concludere che l'attuale curva in ascesa è solamente la rampa iniziale di una curva logistica, la quale, ad un certo punto (stante l'attuale trend di scoperte) inizierà rapidamente a rallentare, fino ad attestarsi asintoticamente alla stasi completa. 
Una curva logistica. Probabilmente, il tasso di scoperte dei theropodi nel tempo (incluso il remoto futuro) è descritto fedelmente da questa curva. Attualmente, noi siamo in qualche punto a metà strada, con pendenza elevata nella curva. Ma, prima o poi, che ci piaccia o meno, arriveremo al plateau, alla fase di esaurimento delle scoperte.

Arriverà un giorno, non sappiamo quando, ma siamo certi che tale giorno arriverà, in cui NON ci sarà più alcun nuovo fossile di theropode da scoprire. Ovviamente, sarà un mondo meraviglioso in quanto allora disporremo di tutti i fossili umanamente rinvenibili, e quindi saremo in uno stato di grazia in termini di conoscenza attuale, ma saremo arrivati comunque al limite totale delle scoperte. Oltre quella data: zero, nada, nisba, il serbatoio da cui traiamo la nostra conoscenza empirica sarà stato svuotato, ed il mondo sarà, da quel momento, un po' più grigio e triste, perché non ci sarà più alcun nuovo theropode ad eccitare le nostre menti.
E badate bene: questo scenario non può essere evitato: più scopriamo fossili, meno ne restano da scoprire! L'unico modo per impedire che quel giorno arrivi è interrompendo le ricerche, smettendo di scoprire... ma così facendo otterremmo lo stesso effetto che volevamo evitare, con l'aggravante di non progredire nella conoscenza.
Non abbiamo scampo, qualsiasi cosa decidessimo di fare.

Che terribile futuro ci aspetta!

Egoisticamente, possiamo solo sperare che il plateau sia raggiunto il più tardi possibile, e che la nostra generazione sia risparmiata da tale sciagurata eventualità. 

PS: a parte le battute e l'ironia, temo che l'attuale modo di gestire le risorse naturali - a livello globale - sia guidato dallo stesso egoismo. E ciò è infinitamente più grave del fatto di privare le future generazioni di nuovi fossili.

22 giugno 2013

Umane, troppo umane

La ragione è un piccolo fortino luminoso in un deserto di nebbie. 
Le nebbie dell'irrazionale sono forti perché apatiche, molli ed antichissime. Difatti, ogni epoca ebbe, ha e avrà la sua dose di irrazionalità. Nel secolo dei Lumi, in cui furono fondate le scienze moderne, intere fortune e grande prestigio sociale erano in mano a ciarlatani, più o meno consapevoli, che sostenevano l'esistenza di fluidi immateriali come causa dei malanni. Un secolo dopo, Wallace, il grande naturalista co-scopritore della selezione naturale, era uno studioso dell'occultismo e un convinto spiritista. Oggi, persone di grande cultura e intelligenza credono nella validità medica dell'omeopatia e dell'agopuntura, e si affidano a guru New Age per ritrovare "l'equilibrio perduto" con Gaia.
Oggi guardiamo le fantastiche discipline dei secoli passati con un misto di saccenza e pietà, e ci stupiamo di come grandissime personalità abbiano poturo "credere" al magnetismo animale, allo spiritismo o ad altre "scienze" oggi considerate, nella migliore delle ipotesi, "pseudoscienze". Ma ciò non significa che la nostra generazione sia immune o qualitativamente migliore delle precedenti. Possiamo negare che, in futuro, discipline oggi considerate "scientifiche" risulteranno invece delle forme di "pseudoscienza"?
Nel nostro tempo, moltissime persone ritengono l'economia una "scienza" al pari della fisica, o considerano gli psicologi dei medici, non molto differenti dagli ortopedici, sebbene questi ultimi siano ingiustamente disprezzati (uno psicologo è più "fico" di un ortopedico, almeno in base ai ruoli classici nelle sit com). Eppure, l'economia è più probabilmente una disciplina storico-filosofica parzialmente formalizzata e matematicizzata, ma non è riconducibile ad una scienza di tipo sperimentale. La storia degli ultimi due secoli, difatti, pullula di teorie economiche elevate al rango di "leggi naturali" ma poi rivelatesi grossolane semplificazioni, o forzature ideologiche o mere descrizioni a posteriori di sequenze storiche. Analogamente, la psicologia è risultata essere più una validazione a posteriori di costruzioni aprioristiche, piuttosto che una disciplina comparabile alla medicina sperimentale. E sebbene si stiano compiendo dei passi notevoli nel campo delle neuroscienze, grazie ai progressi nell'analisi non invasiva dell'attività cerebrale, intere discipline "del pensiero" continuano a discutere partendo da categorie ancora di stampo platonico.
Una delle principali lezioni e valori della Scienza Naturale è la consapevolezza del suo essere plurale.
Leggi, metodi e concetti validi e funzionali in una disciplina tendono a venire meno tanto più ci allontaniamo dall'ambito di pertinenza di tale disciplina. Questo relativismo popperiano è una grande conquista del pensiero, che non tutti riconoscono, comprendono o accettano. La matematica della fisica funziona ancora nella biologia, ma non permette di affrontare tutti i fenomeni della biologia. Concetti fondamentali della biologia, come "sessualità", "morte" e "contingenza" non hanno equivalenti in fisica, e senza di questi non è possibile spiegare moltissimi fenomeni biologici. Le sessualità, la morte e la contingenza sono concetti ancora validi in storia medievale, ma non permettono di spiegare tutti i fenomeni della storia medievale. Concetti come "feudalesimo", "papato" e "denaro" sono fondamentali per spiegare molti fenomeni della storia medievale.
In breve, è ampiamente noto che il riduzionismo è fallimentare, e che ogni disciplina ha le proprie prerogative, limiti e obiettivi. Come non ha senso calcolare un'equazione differenziale che leghi il papato all'impero, così non ha senso stabilire il diritto divino di una speciazione, o la fitness di un collasso stellare.
Nonostante ciò, le discipline scientifiche sperimentali hanno progressivamente esteso il proprio ambito di applicazione in territori prima dominio delle impostazioni filosofiche. Oggi è possibile mappare l'attività del cervello durante una conversazione, e tradurre il fenomeno linguistico in tracciati quantificabili. Tuttavia, in molti casi non è possibile costruire quegli isomorfismi di cui ho parlato qualche post fa. Questo significa che le scienze sperimentali avanzano principalmente nella dimensione della descrizione, ma non in quella della predizione. Siamo in grado di descrivere in modo dettagliato cosa avviene in un cervello mentre parla, ma non siamo in grado di predire il parlato di un cervello date la traccia dell'attività cerebrale. Sappiamo che i due fenomeni sono connessi, e che ciò che induce il tracciato descrittivo a livello cerebrale è legato al fenomeno da cui deriva la parola parlata, ma non sappiamo ancora come avvenga tale legame, né tanto meno siamo capaci di riprodurlo. Questa asimmetria tra descrizione e comprensione è analoga alla condizione della geometria nell'Egitto antico. I geometri egizi avevano una notevole capacità di descrizione delle superfici di terreno, e del calcolo delle caratteristiche geometriche, ma non erano in grado di generare teoremi generali sulle forme geometriche. Tale salto concettuale avvenne nel mondo greco. In molte discipline, oggi, noi siamo più simili agli egizi che ai greci dell'esempio che ho appena citato. "Vediamo" i fenomeni, li sappiamo descrivere, ma non disponiamo della spiegazione generale, della "teoria" da cui è possibile dedurre conseguenze ed applicazioni. 
Nel tentativo di compensare il gap tra potenza descrittiva e deficit conoscitivo, alcune discipline hanno fondato sistemi analoghi a quelli delle scienze "tradizionali". Esistono modelli sociologici in cui concetti biologici vengono inclusi nella speranza che contribuiscano a spiegare i fenomeni, sebbene, spesso, non esista l'equivalente sociologico dell'attore che, nel campo biologico, è la fonte del concetto importato.
Ad esempio, esistono numerosi fenomeni culturali legati al sesso, alla sessualità ed alle differenze di genere tipiche di Homo sapiens. Tuttavia, non è chiaro se tali fenomeni culturali siano stati generati o influenzati da meccanismi analoghi (o omologhi) a quelli che in natura generano le differenze sessuali, i fenomeni etologici ed ecologici legati alla sessualità, né se tali "analoghi" generino effettivamente un prodotto equivalente in ambito culturale. Il riscontrare analogie nei fenomeni non implica una causa comune. L'evoluzione stellare ricorda un'ontogenesi organica: abbiamo una nascita, una crescita ed una morte delle stelle. Ma tale analogia è meramente un effetto del nostro sistema percettivo avido di analogie, non una "omologia" del mondo. Le stelle evolvono per effetto della combinazione di forze nucleari, forze gravitazionali e leggi dei gas. Gli organismi crescono per effetto del programma morfogenetico presente dal concepimento nelle loro cellule.
Le specie divergono sovente per isolamento geografico. Le barriere geografiche inducono la formazioni di entità statali distinte. Ma ciò non implica che qualcosa di equivalente alle leggi della biogeografia nelle isole possano predire la forma statale di una regione isolata.
Asimov creò un'intero ciclo di romanzi su una scienza chiamata psicostoriografia, capace di predire (probabilisticamente) il comportamento futuro dell'Umanità a larga scala. La psicostoriografia asimoviana è palesemente ispirata alle leggi di stato dei gas perfetti: anche se il moto di una singola molecola è indeterminabile, anche se il moto di miliardi di miliardi di miliardi di molecole in un gas è impossibile da determinare, noi possiamo descrivere e predirre in modo molto preciso il comportamento generale di un gas qualora ne conoscessimo poche caratteristiche macroscopiche: pressione, volume e temperatura. Asimov pare consapevole del fatto che questa analogia Umanità-Gas Perfetto sia fallace, ed introduce volutamente un personaggio nella narrazione che fa collassare il sistema e fallire le pretese della psicostoriografia, il Mulo. Quello che, però, Asimov non pare comprendere, è che la stessa ipotesi di partenza, l'analogia tra uomo e molecola, è fallace. Ogni essere umano è, potenzialmente, un Mulo, sebbene meno potente e influente del Primo Cittadino della Galassia. Inoltre, mentre il moto caotico di ogni particella è nondimeno riducibile alle forze fisiche (quindi, ad una forma di riduzionismo), non così avviene per il comportamento umano, in cui le forze emergenti di tipo extra-biologico, lamarkiane e memetiche, sono sovente equivalenti (se non più intense e determinanti) delle spinte biologiche, darwiniane e genetiche.
L'errore asimoviano, che potrebbe essere epidemico in certe discipline, è il ritenere che un'analogia meta-disciplinare (il constatare somiglianze di pattern tra discipline distinte) sottintenda una omologia profonda e quindi una "sinapomorfia" di metodo. Il fatto che io possa applicare un metodo tratto da una disciplina ad un'altra disciplina non implica che il risultato di tale operazione sia significativo nella seconda disciplina. Ad esempio, la cladistica è lo strumento più efficace di investigazione della macroevoluzione negli organismi a riproduzione sessuata. Fuori da questi ambiti è ancora possibile fare analisi cladistica, ma il risultato di tale analisi tende progressivamente a essere mero output, gioco di calcolo, con un lasso legame isomorfico con i fenomeni, tanto più ci allontaniamo dall'ambito originario della cladistica. Ad esempio, un cladogramma di taxa non-sessuati non può essere letto letteralmente come uno realizzato tra specie sessuate: va "tradotto" ed "interpretato" (procedura che spesso molti non sono consapevoli prima ancora che in grado di fare). Un cladogramma realizzato internamente ad una specie, o in cladi dove il passaggio orizzontale di geni è pervasivo, è quasi privo di significato. In ambito di evoluzione culturale, è fattibilissimo realizzare un cladogramma, ma l'interpretazione di tale output è ambigua. Se, come è probabile, il meccanismo dell'evoluzione culturale è più lamarkiano che darwiniano, ha poco senso parlare di barriere riproduttive, di divergenza delle linee, di sinapomorfie e di omoplasie, che sono gli assiomi della cladistica.

In conclusione, una Scienza Naturale è un isomorfismo tra un fenomeno oggettivo (ovvero, un fenomeno la cui esperienza può essere ripetuta da più soggetti distinti) ed un modello matematico tale che sia possibile manipolare il modello per generare (applicazioni su) nuovi fenomeni o prevedere nuove osservazioni (a loro volta oggettive). Non tutte le discipline del pensiero rispecchiano questo criterio: alcune perché vincolate a strumenti di osservazione ancora "giovani" che richiedono una tecnologia avanzata o strumenti di calcolo superiori (e per le quali si può ottimisticamente sperare che in futuro potremo disporre dei mezzi adeguati allo studio), altre perché intrinsecamente al di fuori dell'ambito di applicazione del postulato di oggettività - ad esempio, ambiti dove l'osservazione perturba irrimediabilmente il fenomeno, impedendo una ripetizione dell'esperienza (il mondo pullula di ambiti dove non ha senso essere scientifici). Inoltre, il fallimento del riduzionismo pone dei grossi limiti all'estensione della matematica in ambiti "lontani" dalla fisica: anche quando a modelli deterministici sostituiamo modelli probabilistici, esiste un limite oltre il quale tutti i modelli si riducono a interpretazione a posteriori, ovvero, a Storia.
E dove la Scienza Naturale diventa Storia, e l'Oggetto si ritrova essere anche Soggetto, la Causa si confonde con il Fine, le speranze reificano, ed il confine tra Razionale ed Irrazionale viene meno.
Perché, chiudendo con l'inizio, la ragione è un piccolo fortino luminoso in un deserto di nebbie.


Feticci di nome, nomi di feticci

I theropodi non chiudono mai la bocca!
I nomi sono importanti. Tuttavia, l'importanza dei nomi è forse eccessiva.
Per "riesumare" Brontosaurus, molti sono disposti a intentare contorte petizioni nelle sedi competenti, sebbene ciò sia poco significativo per la conoscenza sulla paleobiologia del sauropode al quale il nome della lucertola tonante è stato imposto e poi deposto.
Per "non-riesumare" Manospondylys, molti sono disposti a intentare contorte petizioni nelle sedi competenti, sebbene ciò sia poco significativo per la conoscenza sulla paleobiologia del theropode al quale il nome della vertebra cavernosa è stato imposto e poi deposto.
Paradossalmente, se ci fosse maggiore consapevolezza delle implicazioni e del significato, prima ancora che dell'onestà intellettuale, in queste "petizioni", Brontosaurus e Manospondylus dovrebbero seguire destini simili, e non opposti. 
Forse pretendo troppo da chi vuole solamente difendere dei consolidati pattern simbolici nei propri cervelli. Come ho scritto e detto altrove, le guerre sui nomi dei dinosauri sono manisfestazioni della cultura post-moderna e della psiche di una fetta ristretta e privilegiata di Homo sapiens, piuttosto che tematiche di paleontologia. Il che, forse, non rende questi temi i più pertinenti per questo blog. 
Un fenomeno analogo avviene nelle discussioni relative agli "aggiornamenti" dell'aspetto esteriore dei dinosauri, alla luce delle nuove scoperte, che può trasformare radicalmente l'immagine di una specie altresì "conosciuta" tramite un'icona ormai divenuta tradizionale. Anche in quel caso, le battaglie non sono relative al significato dei fossili, ma solamente alla conservazione o meno della loro emanazione pop, extrascientifica, sovente molto superficiale.
Noto una qualche forma di feticismo nominalista nelle discussioni sulla conservazione o meno di taxonomie, feticismo che è molto più interessante della effettiva discussione in merito alla conservazione o abolizione di nomi di taxa, nonostante che sia poco legata alla realtà dei fossili ed alla loro interpretazione razionale.
Mi chiedo, in effetti, se la maggioranza degli "appassionati di dinosauri" sia, in realtà, soltanto una schiera di collezionisti di nomi, intenti a scambiarsi simboli ed icone del tardo Olocene, invece che curiosi esploratori del (le tracce del) Mesozoico. 
I dinosauri come figurine, come carte da gioco, non come modelli interpretativi di dati paleontologici?


19 giugno 2013

Scientifico (come il liceo...)

Sebbene sia diffusa una concezione classica del sapere, oso dire "idraulica", come un fluido inerte che scorre lungo un reticolo immateriale di tubature di cui ogni essere umano è un rubinetto o un punto di raccordo, io ritengo che la conoscenza sia più simile allo spazio-tempo di Einstein, un campo la cui forma è plasmata dalle stesse masse (cerebrali) che lo strutturano. Grandi menti sono come corpi massivi il cui ingresso nella scena perturba i moti dei corpi pre-esistenti e genera nuove traiettorie, avvia orbite, funge da fulcro per un sistema planetario. Ad esempio, la struttura e la direzione dei biologi non fu più la stessa dopo che la stella di Darwin ebbe accumulato sufficiente massa empirica per innescare una folgorante reazione concettuale, dalla quale ancora oggi traiamo buona parte della luce e calore necessari per comprendere il mondo vivente.
Ci sono modi "medievali" di diffondere il sapere. Uso "medievale" non come dispregiativo, ma come "modalità pre-moderna" di diffusione del sapere. Si tratta di sforzi eruditi, a volte quasi autoreferenziali, modalità scolastiche di parlare di un concetto o di un tema. Caposaldo del metodo medievale è la massiccia citazione di dichiarazioni altrui. Tizio disse, tizio scrisse, tizio a pagina tale scrisse ciò.
Non nego che questo metodo abbia dei punti utili (lo usiamo ancora oggi, sebbene in forma modificata, non focalizzata sull'autorità di chi è citato, ma sulla validità di ciò che scrisse), ma, temo, alla lunga non avvince e non convince il lettore, che è colui per il quale si dovrebbe scrivere.
Personalmente, preferisco due soli tipi di fonte: l'esperienza personale e la conoscenza oggettiva (ripetibile da più osservatori distinti).
Io dico, io faccio, io scrivo. Difatti, è quello che sto facendo ora. Non sto riportando le parole altrui, i pensieri altrui, bensì la mia personale (e quindi, onesta, sincera e schietta) elaborazione personale. Tuttavia, da sola la "mia parola" non vale niente. Occorre dimostrare nei fatti di conoscere ciò di cui si parla. Per questo, all'esperienza personale è necessario associare la conoscenza oggettiva: fatti, non (solo) parole. Darwin, in questo, è uno straordinario esempio da seguire: per esporre il concetto meno intuitivo possibile ai suoi tempi (l'evoluzione delle specie) parlò di come egli stesso, tramite numerose esperienze personali (sul campo e tramite sperimentazione) avesse tratto dai dati oggettivi (osservazioni di fenomeni naturali e produzione di esperimenti empirici) la sua teoria della speciazione e della selezione naturale.

Cosa è "l'essere scientifico"? La scienza è un modo di essere nei confronti del mondo dei fenomeni, un modo di essere che parla e pensa secondo logica matematica. Fin da Galileo, la scienza è stata definita così. Esistono innumerevoli modi di confrontarsi col mondo dei fenomeni, ma solo l'approccio logico-matematico è quello scientifico. Gli altri modi sono meritevoli di esistenza, sia chiaro, ma non sono scientifici. Molti approcci sono metafisici, altri artistici ed altri ancora... retorici. Tuttavia, la semplice logica-matematica non fonda la scienza, la quale, si deve ancorare sempre e comunque ai fenomeni. 
Pertanto, essere scientifici significa sviluppare una descrizione logico-matematica dei fenomeni, descrizione che nasce e cresce solo in virtù della sua aderenza ai fenomeni.
La "aderenza" ha un nome preciso, nel linguaggio della logica: isomorfismo. Un isomorfismo è un'associazione logica tra due insiemi, vincolata a ben precise regole. Senza la consapevolezza di quelle regole, è difficile costruire nella propria testa l'aderenza scientifica tra fenomeni e teoria.

Gli ultimi 30 anni della mia fortunata vita li posso dividere in due fasi. Nei primi 20 anni "sono andato a scuola", ed ho imparato una grande quantità di concetti, prima ancora che nozioni. Nei successivi 10 anni, ho cercato di usare questi strumenti mentali per produrre qualcosa di nuovo ed originale, e spero a volte utile. In particolare, ho avuto la grande fortuna di essere naturalmente incline verso la scienza e la matematica, e di avere avuto insegnanti molto competenti, specialmente sul lato matematico, proprio negli anni idonei a formarsi una mente scientifica. Gli anni dell'adolescenza li ho trascorsi in un importante liceo della mia città. Per esplicita ammissione dei miei docenti, il loro obiettivo era formare "la futura classe dirigente". Il mio obiettivo personale non era quello di diventare "classe dirigente", ma nondimeno ho ex-aptato efficacemente le loro intenzioni in un'altra direzione. Io volevo diventare paleontologo. In particolare, la formazione matematica che ho avuto al liceo è stata fondamentale per i miei anni a venire. In quei cinque anni ho seguito corsi nei quali la logica matematica e i rudimenti dell'analisi matematica sono stati insegnati con lo scopo mirato di preparare ad affrontare la matematica a livelli universitari. A 16 anni questi corsi sono - ovviamente - terrificanti, persino per chi come me ha sempre provato interesse per la matematica; ma ne è valsa la pena. Il corso di matematica che poi seguii all'università fu infatti molto più facile per me che per il resto della mia classe: difatti, tra tutti i miei compagni universitari, fui l'unico a passare l'esame di matematica al primo colpo e con il massimo dei voti. Ciò, grazie ai (duri) cinque anni precedenti, che mi avevano "pre-adattato" (e qui il termine è corretto) alla complessità del corso universitario. 
Ho divagato in questa storiella (c)autobiografica perché è l'esempio migliore che posso dare del valore della logica-matematica nel formare una mente "scientifica". Se sto - finalmente e a fatica - avendo qualche discreto successo nel mio campo di ricerca, lo devo in special modo alla formazione mentale che ho ricevuto negli anni dell'adolescenza, e che da allora non mi ha mai abbandonato. Mi risulta automatico e naturale "pensare in modo logico-matematico". Constato, purtroppo, che attualmente invece dominano le mentalità tecnicistiche: persone che hanno imparato (spesso molto bene) ad utilizzare strumenti specifici, forse anche una grande mole di nozioni, ma poi sono poco inclini a pensare "come scienziati". Si impara "il mestiere scientifico" ma non si impara "il pensare scientifico": si sa "fare come X" ma non si sa "spiegare il perché X".
Come "pensa" uno scienziato? Egli deve organizzare le osservazioni in base ad un criterio. Questo criterio deve essere un'astrazione traducibile in una forma logico-matematica (non basta l'intuizione... "eureka!" è mito cinematografico). La forma logico-matematica è niente altro che una rappresentazione formale esprimibile in linguaggio matematico. L'organizzazione delle osservazioni, tradotta in linguaggio matematico, permette di elaborare i dati, di manipolarli (in questa fase essi sono niente altro che simboli che sottostanno a regole logiche) per produrre delle implicazioni, anche queste logico-matematiche. Queste "implicazioni" hanno due possibili sbocchi. La ri-traduzione delle implicazioni (anche solo come astrazione) in "isomorfi" nel mondo dei fenomeni può essere (almeno in teoria) un nuovo fenomeno osservabile. Ho parlato di questa eventualità quando ho citato il "proavis" di Paul ed Aurornis. In alternativa, le implicazioni possono essere nuove "realtà fisiche", non esistenti in natura, ma ottenute artificialmente manipolando altri fenomeni naturali, che si riconoscono essere "soggetti" ai processi naturali "isomorfi" a loro volta con la teoria elaborata. Un esempio di questa seconda eventualità è la creazione di composti artificiali del carbonio, non esistenti in natura ma nondimeno previsti dalla teoria generale della chimica risultata dalla rivoluzione quantistica. Oppure, gli elementi iper-uranici prodotti dalle leggi del decadimento radioattivo, inesistenti in natura ma deducibili dalle leggi fisiche. Oppure, le porzioni di genoma artificiale introdotte nei micoplasmi, assenti in natura ma deducibili dalle leggi della biochimica. Oppure, l'atterraggio di una sonda su Marte. Tutti questi "fenomeni artificiali" sono stati elaborati a posteriori dalla teoria scientifica prima ancora di essere "provati". L'esempio della sonda su Marte è difatti impossibile da "tentare" se prima non si dispone di una teoria logico-matematica del viaggio interplanetario, una teoria del moto orbitale marziano, una teoria geologica di Marte, una teoria fisica dell'elettromagnetismo (per teleguidare il veicolo da Terra).
Fin dove si può spingere il campo di applicazione del pensiero scientifico? In teoria, ovunque, ma in pratica solamente dove l'osservazione permette di ottenere "riscontri". 
Questo esempio storico chiarirà le mie parole.
A metà del XIX secolo, Mendel elaborò una semplice teoria matematica sulla generazione delle varietà osservate nelle piante che egli coltivava. La teoria era elegante e semplice, e pareva quindi "funzionare". Tuttavia, perché "funzionasse" non solo nella sua testa (e, per ora, tralascio le manipolazioni dei risultati che Mendel - più o meno consciamente - impose ai suoi esperimenti affinché si conformassero alla sua elegante ipotesi matematica), Mendel doveva dare un senso naturalistico ai suoi "geni". I "geni" per Mendel, sono ancora ed unicamente degli oggetti teorici, ma non era possibile, ai suoi tempi, dire "cosa" fossero all'interno dell'organismo vegetale. Solamente la scoperta della struttura chimica dell'informazione genetica (il DNA) e l'identificazione di porzioni specifiche di codice genetico corrispondenti alle "unità genetiche" di Mendel, confermò la validità dell'ipotesi mendeliana. Una volta scoperte le "basi chimiche" della genetica, fu possibile inaugurare l'ingegneria genetica: una scienza che non solo "parla" dei geni, ma è in grado di manipolarli perché sa come sono fatti e come si possono modificare.
Lo stesso avvenne con la chimica (nata come elegante teoria matematica all'inizio del XIX secolo) ma confermata solamente un secolo dopo grazie ai progressi nella fisica nucleare e nella fisica dei quanti. Una volta scoperte le "basi fisiche" della chimica fu possibile creare a tavolino molecole che si conformassero alle nostre esigenze specifiche. La chimica, da descrizione del fenomeno, divenne produzione di nuovo fenomeno.
Lo stesso accadde con la medicina, la biologia dello sviluppo, persino con la paleontologia: oggi sappiamo simulare l'evoluzione nel Tempo Profondo, e costruire modelli predittivi sul passato geologico. Il concetto di sinapomorfia, ad esempio, non è altro che un isomorfismo tra forme del corpo astratte da un contesto anatomico, tradotte in simboli di un sistema matematico il quale può essere elaborato secondo schemi dedotti dalla teoria darwiniana, e produrre risultati che si conformano alle osservazioni. Se così non fosse, il piumaggio di Yutyrannus sarebbe il più inatteso paradosso della paleontologia, invece che una conseguenza attesa e prevista di modelli elaborati ben prima che fosse scoperto tale fossile.

Attualmente, esistono discipline che potrebbero - forse - diventare scienza, ma che non lo sono ancora. Esistono modelli logici (più o meno matematici) che descrivono fenomeni a grana grossolana, ma che non hanno ancora prodotto una teoria generale su quei fenomeni tale da fornire chiari isomorfismi tra modello e fenomeni naturali. Paradossalmente, si tratta dei fenomeni più vicini a noi: noi stessi, intesi da metafore come "persone" e "menti" e "soggetti". Attualmente, non esiste un equivalente naturale, cerebrale e fisiologico, di ciò che chiamiamo "pensiero umano": anche se possiamo costruire dei modelli grossolani di "pensiero" e "mente", essi sono come i geni di Mendel prima della scoperta del DNA: eleganti astrazioni, fumose e grossolane, ma che non riusciamo a "collocare" dentro i corpi che li manifestano. Fintanto che non avremo "trovato" le basi fisico-fisiologiche degli oggetti descritti nelle teorie della mente, essi restano eleganti astrazioni prive di supporto empirico. Non nego che queste abbiano una qualche corrispondenza con fenomeni naturali, ma - per ora - essi sono ancora "ottocenteschi", esattamente come l'atomo di Lavoisier era un elegante modello, capace di fornire delle (limitate) conferme ed applicazioni, ma terribilmente grossolano (e quindi non ugualmente operativo) rispetto all'atomo concepito (e sperimentabile) dalla chimica moderna. Nel mondo di Lavoisier, non può esistere il fullerene, prima ancora che "fisicamente", nemmeno come concetto.

Tutti questi risultati - elencati in modo molto sbrigativo - sono possibili solamente dispondendo di una mente logico-matematica, capace di astrarre dall'enorme caos dei fenomeni le regolarità, capace di tradurre le regolarità in modello matematico, capace di stabilire isomorfismi tra risultati del modello e fenomeni prodotti, capace di manipolare i fenomeni alla luce del modello per creare nuovi fenomeni (sovente assenti in natura). In tutta questa catena di processi, il fulcro rimane l'isomorfismo, ovvero, la capacità di stabilire la corrispondenza logica tra astrazione simbolica e fenomeno osservato: tuttavia, fintanto che il fenomeno non è riproducibile (nel e dall'astrazione), l'isomorfismo resta una grossolana semplificazione, un procedere a tentoni nella nebbia, che potrebbe anche essere corretto, ma che potrebbe anche essere un vicolo cieco, inizialmente utile, persino fecondo, ma destinato a implodere al sopraggiungere di nuove osservazioni o di teorie più potenti, come fu per l'etere cosmico nella fisica della fine del XIX secolo.

Questa è la base dell'essere scientifico. In 300 anni ha prodotto più risultati (sia come conoscenza che come produzione di manufatti) che nei precedenti 30 000 anni. Se può non piacere in toto, nondimeno risulta un modo indiscutibilmente efficace di agire sul mondo.


16 giugno 2013

Il theropode del 2013!

Fino a questa mattina, ero convinto che Aurornis fosse il mio theropode preferito per questo anno.
Poi ho scoperto questo...

11 giugno 2013

Manospondylus è un taxon valido? [Aggiornamento]

Illustrazione dell'unico esemplare preservato di Manospondylus gigas (da Osborn 1916).
In un post del 2009, parlai - in modo volutamente romanzato ed ironico - di Manospondylus gigas, il possibile sinonimo senior (e quindi "nome vero") dell'animale chiamato Tyrannosaurus rex. In quel post scrissi un paio di imprecisioni (le vertebre note di Manospondylus sono dorsali, e non cervicali; l'altra imprecisione è il tema del post di oggi).
Recentemente, ho avuto modo di riflettere su Manospondylus, e di valutarne lo status in base a ciò che effettivamente definisce questo taxon.
Cope (1892) definisce Manospondylus con la seguente diagnosi:
  1. Vertebre dorsali con ridotta estensione anteroposteriore (di fatto, il centro è lungo meno di metà della sua altezza).
  2. Centro con faccette anficeliche.
  3. Faccette laterali del centro con un forame pneumatico.
  4. Struttura interna del centro fittamente pneumatizzata (pneumatizzazione di tipo camellata).
  5. Dimensioni gigantesche (il centro ha un diametro di 20 cm). 
Molti tra coloro che hanno parlato di Manospondylus hanno affermato che questo taxon non sia valido, dato che la diagnosi sarebbe troppo vaga e generica. Tuttavia, se analizziamo nel dettaglio la distribuzione dei caratteri citati da Cope (1892) concludiamo che Manospondylus gigas è perfettamente valido!
Tradotto in concetti "moderni", Manospondylus è qualsiasi vertebrato gigante con dorsali anficeliche molto corte rispetto all'altezza, una pneumatizzazione camellata ed un pleurocoelo. Questa definizione è "vaga" e "troppo poco restrittiva", per essere valida per una specie/genere?
La presenza di pneumatizzazione dorsale indica che il vertebrato in questione è un dinosauro saurischio.
La presenza di camelle implica che il saurischio in questione può appartenere solamente ad uno dei seguenti cladi: un titanosauro, un abelisauroide, un carcharodontosauro o un coelurosauro. L'anficelia delle dorsali esclude che sia un titanosauro o un carcharodontosauro (le cui dorsali sono opistoceliche). Il forame pneumatico singolo e la marcata compressione anteroposteriore del centro escludono che sia un abelisauroide, dove i forami laterali, quando presenti nelle dorsali, sono due, e nei quali le dorsali non sono mai così corte rispetto alla lunghezza.
Pertanto, Manospondylus è un coelurosauro.
In Coelurosauria, dorsali così compresse anteroposteriormente sono note solamente in Tyrannosauridae e in alcuni Dromaeosauridae. Tuttavia, i dromaeosauridi con dorsali accorciate sono camerati, non camellati.
Pertanto, Manospondylus è un Tyrannosauridae. L'unico Tyrannosauridae con dorsali di dimensioni gigantesche come quelle di Manospondylus è Tyrannosaurus.
Pertanto, Manospondylus è distinguibile da tutti i vertebrati ad eccezione di Tyrannosaurus: i due taxa sono quindi sinonimi. Siccome Manospondylus ha priorità, ed è valido come diagnosi, esso è quindi un sinomimo senior di Tyrannosaurus.

Non mi interessa far partire una crociata tassonomica per abolire Tyrannosaurus e "vendicare" Manospondylus: questo post vuole solo mostrare che il taxon Manospondylus istituito da Cope nel 1892 è valido (se si vuole essere rigorosi con le regole di tassonomia), dato che la diagnosi presentata per definirlo permette di distinguerlo, ancora oggi, da qualsiasi altri fossile, ad eccezione di Tyrannosaurus (guardacaso, proveniente dagli stessi letti tardo-Cretacici), il quale, però, è stato istituito in seguito, e quindi, in caso di sinonimia tra i due, non ha priorità rispetto a Manospondylus.
Sappiamo tutti che Tyrannosaurus deve restare valido per altri motivi, non solo tassonomici...

Aggiornamento: Cope (1892) diagnostica sia Manospondylus (il genere) sia Manospondylus gigas (la specie). Nel post ho parlato della diagnosi del genere, mentre quella della specie include come carattere ulteriore le proporzioni del centro (poco più alto che ampio) e la superficie laterale del centro liscia. Se assumiamo che il nome Manospondylus (il genere) definisca un clade (il clade 'Manospondylus') esso può essere considerato equivalente al nodo T. bataar + T. rex, nodo che molti autori chiamano "Tyrannosaurus", includendovi "Tarbosaurus" come sinonimo.

Bibliografia:
Cope, 1892 - Fourth note on the Dinosauria of the Laramie. American Naturalist 26: 756-758.
Hatcher, Marsh & Lull, 1907 - The Ceratopsia. U.S. Geological Survey, Washington, DC: 49.
Osborn, 1916 - Skeletal adaptations of Ornitholestes, Struthiomimus, Tyrannosaurus. Bulletin of the American Museum of Natural History 35: 733-771.

06 giugno 2013

Alcuni dettagli metodologici sull'analisi filogenetica su Aurornis

Ad una settimana dalla pubblicazione dello studio che istituisce Aurornis, penso sia doveroso scrivere un post che parli dell'analisi filogenetica inclusa in quello studio, che è stato il mio contributo maggiore alla ricerca, oltre a collaborare alla descrizione dell'esemplare.
Come alcuni di voi sapranno, io sto assemblando una ampia analisi filogenetica di Theropoda, chiamata informalmente "Megamatrice". Lo scopo di Megamatrice è quello di fornire un data set il più ampio, dettagliato ed aggiornato possibile sulla distribuzione e presenza di caratteri morfologici (prettamente osteologici, ma anche tegumentari e relativi alla riproduzione - come uova e forma dei nidi) nei theropodi mesozoici. Questo data set è strutturato inoltre per essere analizzato con programmi di analisi filogenetica, per generare ipotesi sulle relazioni filetiche tra i taxa inclusi. 
I caratteri in Megamatrice sono tratti principalmente dalla ampia letteratura sui theropodi mesozoici e sui dinosauromorfi basali: questi ultimi sono inclusi al fine di determinare anche la topologia dell'intorno immediato della base di Theropoda. Molti caratteri esistenti in letteratura sono stati modificati nella loro definizione, specialmente nei casi in cui uno stesso carattere poteva essere scomposto in caratteri distinti ed indipendenti, oppure quando lo "stesso carattere" era presente in forme differenti e necessitava di una "fusione" (questo ultimo caso è più diffuso per i caratteri significativi in Avialae, dove sovente la terminologia è differente dagli omologhi caratteri nel resto della filogenesi: è stato necessario uniformare la terminologia).
Ad eccezione di un taxon vivente, attualmente Megamatrice non comprende aviani cenozoici, sebbene la loro progressiva inclusione sia tra i propositi futuri. 
Siccome lo scopo dell'indagine su Aurornis non era di produrre l'intera topologia di Theropoda, ma di valutare sopratutto i differenti scenari proposti alla base di Paraves, ho rimosso dall'analisi quei taxa non "necessari". Sebbene lo scopo dell'indagine fosse Paraves, ho comunque mantenuto una serie di taxa non-paraviani a rappresentanza dei principali cladi di Coelurosauria, e quattro non-coelurosauri in modo da avere una discreata radice alla base dell'albero, sufficientemente "lontana" da Paraves da non influenzare a priori la topologia dell'oggetto principale dell'analisi. 
Mentre i taxa sono stati scelti "attivamente", i caratteri scelti sono stati un "effetto" della scelta dei taxa: una volta omessi i taxa "scartati", il numero dei caratteri filogeneticamente significativi è sceso dai 1500 iniziali a 992. Questa procedura ha, a mio avviso, un vantaggio rispetto al metodo "classico" di scegliere i caratteri in modo "attivo": i caratteri non vengono imposti a priori, ma risultano "conservati" scremando quelli che non presentano una variabilità nell'abito dei taxa conservati dopo la "scrematura". In questo modo, anche caratteri che tradizionalmente non sono considerati "significativi" per le relazioni tra i paraviani sono stati inclusi, aumentando la risoluzione dell'analisi e riducendo il rischio che le relazioni fossero "indotte" a priori dalla scelta dei caratteri che "ci fanno comodo".
Oltre all'analisi "base", nella quale si è determinato l'insieme delle topologie descriventi nel modo più parsimonioso la distribuzione delle condizioni nei 992 caratteri significativi (ed il cui consenso stretto è mostrato qui sotto), abbiamo anche svolto delle analisi in cui determinate relazioni - assenti nel risultato ma discusse da precedenti studi sui paraviani - erano imposte a priori. 

Lo scopo di questi test era di determinare la differenza (in numero di steps) tra il risultato più parsimonioso emerso e quelle topologie alternative. I test si sono focalizzati su ipotesi nelle quali parte dei taxa risultati prossimi o alla base di Avialae (in particolare, i troodontidi, gli "archaeopterygidi", Balaur e Rahonavis) sono stati imposti come membri di Deinonychosauria. Dai test risulta che occorrono almeno 4 steps supplementari per posizionare Troodontidae in Deinonychosauria, e da 8 a 17 steps supplementari per collocare uno o più degli aviali basali "controversi" in Deinonychosauria (i dettagli di questi test sono nelle informazioni supplementari al nostro articolo - Godefroit et al. 2013 - quindi ometto di riproporli qui).

Bibliografia:

04 giugno 2013

I problemi esistenziali di un giovane therizinosauro

Cranio olotipico di Jianchangosaurus yixianensis (da Pu et al. 2013)
Pu et al. (2013) descrivono uno scheletro ben conservato di theropode dal Cretacico Inferiore della Cina ed istituiscono Jianchangosaurus yixianensis. L'esemplare è parzialmente ritoccato (le caudali distali ed il piede sono probabilmente artefatti, e quindi preferisco non considerarli nella valutazione di questo fossile), ma cranio e regione toracica paiono originali. Il grado di ossificazione delle ossa e le proporzioni della testa suggeriscono che l'esemplare sia immaturo. Numerosi caratteri, sopratutto nel cranio, indicano che Jianchangosaurus sia un therizinosauro: il premascellare è privo di denti, il primo dente dentale è arretrato rispetto alla sinfisi, il dentale ha una ampia mensola laterale al margine orale, i denti sono therizinosauroidi nella forma generale (e vagamente simili a quelli degli ornithischi). Altre caratteristiche di questo fossile sono però poco therizinosauroidi, ad esempio la forma dell'ileo, privo di espansione dorsoventrale del margine anteriore. Ritengo plausibile che molti caratteri apparentemente plesiomorfici di questo esemplare rispecchino la sua immaturità. Va considerato, inoltre, che dalla stessa località proviene Beipiaosaurus: possibile che l'olotipo di Jianchangosaurus sia niente altro che un giovane Beipiaosaurus? Come distinguerli senza rifarsi a caratteri ontogeneticamente variabili?
Queste domande si sommano ad altre che mi sto ponendo da tempo, relative ai taxa di theropodi basati su esemplari immaturi (Scipionyx, Sciurumimus ed altri): questi taxa sono molto problematici, dato che sono, molto probabilmente, delle "chimere ontogenetiche". Nanotyrannus fu il primo caso a mostrare che un taxon basato su esemplari immaturi tende a collocarsi filogeneticamente più basalmente rispetto al taxon "adulto". Questo trend è probabilmente pervasivo in Dinosauria, dove gli animali sono soggetti a drammatiche trasformazioni durante l'ontogenesi. Pertanto, anche qualora si codifichi l'esemplare tenendo presente che molte sue caratteristiche "primitive" sono probabilmente dei caratteri giovanili transitori e non reali plesiomorfie, come possiamo essere sicuri che - comunque - non stiamo trascurando ulteriori caratteristiche "immature", che non conosciamo (ancora) essere tali?
Alla luce di questa (e altre) considerazioni, mi chiedo se sia più saggio omettere i taxa basati su esemplari immaturi dalle analisi: la perdita di informazione data da queste omissioni è migliore del disturbo provocato dall'inclusione di queste potenziali "chimere ontogenetiche"?
Pane per il cervello.

PS: Immesso in Megamatrice, ed omettendo di codificare quei caratteri per i quali la condizione espressa da Jianchangosaurus potrebbe manifestare solamente uno stadio immaturo, esso risulta alla base di Therizinosauria (bingo!), trascinandosi dietro anche Eshanosaurus (tombola!).

Bibliografia:
Pu H, Kobayashi Y, Lü J, Xu L, Wu Y, et al. (2013) An Unusual Basal Therizinosaur Dinosaur with an Ornithischian Dental Arrangement from Northeastern China. PLoS ONE 8(5): e63423. doi:10.1371/journal.pone.0063423

01 giugno 2013

Davide Bonadonna vince 2 Premi Lanzendorf IN UN COLPO SOLO!

Io l'ho ripetuto più volte: il 2013 sarà ricordato come un anno veramente speciale! Ed i fatti mi confermano sempre più. Oltre a nuove scoperte, importanti pubblicazioni e ricerche in sviluppo, anche la Paleoarte Italiana sta ricevendo i meritati onori.
Alcuni giorni fa, ricevetti un'email dal mio creatore di Neptunidrachi di fiducia, Davide Bonadonna. Un'email dal tono "sconvolto". In effetti, aveva tutti i motivi per essere sconvolto: piacevolmente sconvolto.
Aveva appena vinto DUE Premi Lanzendorf!
Per chi non lo sapesse, il Premio Lanzendorf è un'onorificienza che si riceve durante il Meeting Annuale della Society of Vertebrate Paleontology (SVP), e che premia i migliori paleoartisti. Non c'è dubbio che il Premio Lanzendorf sia il massimo riconoscimento che un paleoartista possa ricevere a livello mondiale.
Il nostro Davide nazionale aveva già vinto un Premio Lanzendorf, nel 2010.
Ed ora, è ufficiale: nell'edizione 2013 del Meeting SVP, il prossimo autunno a Los Angeles, Davide riceverà ben DUE premi Lanzendorf, per la migliore opera di Arte 2-D e per la migliore illustrazione scientifica.
A quanto mi risulta, pochi altri hanno ricevuto più di un premio Lanzendorf, e nessuno prima di lui aveva mai vinto due premi nella stessa edizione.

GRANDE DAVIDE!

Fonte: SVP.