(Rough) Translator

24 luglio 2008

Muso da formichiere, corpo da uccello corridore, braccia da talpa… e sa contare fino ad uno! In una parola: Alvarezsauridae!

Abstract: Alvarezsaurids are coelurosaurs that originated in Gondwana and then disperded to Northern Hemisphere. Their chimeric anatomy could be interpreted as an adaptation for digging into social insect nests.
In precedenti post ho espresso più volte un concetto fondamentale per una fruttuosa comprensione della paleobiologia dei teropodi mesozoici, ovvero, il fatto che numerose morfologie teropodi non siano rappresentate da analoghi attuali, e che pertanto sia pericoloso cercare di utilizzare un unico modello attuale per l’interpretazione di determinati taxa. Un approccio meno “olistico” (che cerca di capire l’animale nella sua “interezza”) e più “riduzionistico-modulare” (che analizza parti distinte come espressione di funzioni particolari) è probabilmente la via corretta per capire animali apparentemente chimerici come gli abelisauridi, gli spinosauroidi ed alcuni celurosauri. Tra questi, un posto di rilievo nella sala delle bizzarrie è riservato ad un clade di recente istituzione (non ha nemmeno vent’anni) di gracili teropodi dall’anatomia veramente strana, Alvarezsauridae.
Questo clade, definito formalmente come il nodo “Alvarezsaurus + Mononykus”, comprende forme basali patagoniche (Alvarezsaurus, Achillesaurus, Patagonykus*) e forme derivate asiamericane (gli asiatici Mononykus, Shuvuuia, Parvicursor, ed alcuni taxa frammentari nordamericani, tra cui il recentissimo Albertonykus, Longrich & Currie, in press): queste ultime sono meglio note, dato che disponiamo di buona parte del postcraniale e alcuni crani perfettamente conservati di Shuvuuia, mentre non abbiamo ancora alcun resto craniale delle specie patagoniche. Lo scenario paleogeografico che emerge è quello di un’origine gondwaniana per il clade ed una successiva migrazione laurasiatica delle forme derivate, forse a metà del Cretacico Superiore. Sulla base dei dati attuali non è possibile stabilire se la migrazione dal Gondwana fu diretta prima in Asia o in Nordamerica: entrambe le rotte sono ugualmente plausibili, dato che i due gruppi “asiatico” e “nordamericano” sono sister-group derivati rispetto alla serie di taxa patagonici (vedere grafico). La presunta esistenza di forme europee non ci dà informazioni utili al riguardo.

L’anatomia degli alvarezsauridi è estremamente bizzarra (ad esempio, Shuvuuia, in questa immagine di Marco Auditore), ed è tra le cause dell’iniziale incertezza sulle loro relazioni filogenetiche. Inizialmente interpretati come un gruppo aberrante di uccelli basali (con i quali condividono alcuni tratti pelvici e cranici), sono stati associati agli ornithomimosauri (con i quali condividono altri tratti cranici e degli arti), o ritenuti una forma basale di paraviali. Megamatrice li pone stabilmente nella posizione di sister-group del nodo “Oviraptorosauria + Paraves”.
Tornando all’anatomia, la curiosa combinazione di cranio gracile da celurosauro, arti anteriori estremamente ridotti, con processi muscolari ipertrofici, mano funzionalmente monodattila, munita di un robusto primo dito e di due dita laterali atrofiche, arti posteriori cursori e (le forme gondwaniane) arctometatarsali, risulta veramente enigmatica. Tuttavia, l’analisi delle diverse parti ci porta a ipotizzare che gli alvarezsauridi fossero degli insettivori specializzati nella depredazione dei nidi degli insetti sociali (in particolare, termiti del legno, un gruppo ben diversificato nel Cretacico).

Caratteri del cranio (gracile ed allungato, con diastema rostrale per l’eventuale estroflessione della lingua, dentatura composta da numerosi denti di piccola taglia, conici e senza seghettatura), e degli arti (processi muscolari espansi, simili a quelli degli animali scavatori, presenza di un dito ipertrofico e robusto) sono compatibili con l’ipotesi che questi teropodi usassero gli arti anteriori per scavare nelle cortecce o nel terreno per aprire i nidi degli insetti sociali, e che usassero il loro apparato boccale principalmente per catturare rapidamente gli insetti che formicolavano dalle brecce aperte nei nidi (una tale tecnica di cattura e ingestione delle prede è compatibile con le caratteristiche del cranio alvarezsauridae, il quale non pare adatto ad un’intensa masticazione di parti più dure e voluminose).

Pertanto, è plausibile che l’espansione degli insetti sociali nel Cretacico abbia aperto nuove nicchie ecologiche, subito sfruttate, con successo, da almeno un clade di teropodi.

*Megamatrice individua un altro taxon patagonico come membro basale di Alvarezsauridae. Sebbene i dati a sostegno siano pochi, è un risultato molto interessante, che però non posso ancora divulgare. Inoltre, sempre da Megamatrice, l’immediato sister-group di Alvarezsauridae è un piccolo clade di forme gondwaniane: ciò avvalora l’ipotesi che il gruppo si originò nei continenti meridionali, per poi migrare in Laurasia, dove si originarono le forme derivate.

Bibliografia:
Longrich, NR, Currie, PJ (in press). Albertonykus borealis, a new alvarezsaur  (Dinosauria: Theropoda) from
 the Early Maastrichtian of Alberta,  Canada:  Implications for the systematics and ecology of the 
Alvarezsauridae. Cretaceous  Research.  Cretaceous Research. 

Intervista Doppia: Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco

In questa nuova intervista abbiamo due paleontologi del Museo di Storia Naturale di Milano.

Cristiano Dal Sasso non ha bisogno di presentazione, essendo il “padre” di Scipionyx samniticus, il primo teropode (e quindi anche il primo dinosauro) non-aviale scoperto in Italia, uno dei dinosauri più straordinari scoperti nell'ultimo ventennio.

Simone Maganuco collabora con Cristiano da alcuni anni... tuttavia non è stato intervistato per i suoi indiscutibili meriti paleontologici, ma solamente perché da oltre dieci anni è uno dei più cari amici del sottoscritto (ebbene, sì: il nepotismo dilaga anche nei blog!).

Innanzitutto, vi ringrazio entrambi per aver accettato questa intervista sui generis.

Le domande che potrei porre sono moltissime e potrebbero spaziare ben oltre la paleontologia, tuttavia, questo blog è dedicato ai teropodi, pertanto manterrò l’ambito delle domande ancorato in buona parte su di loro. Ovviamente, ciò non preclude minimamente la vostra libertà di rispondere nei modi e nei toni che preferite.

Dovendo descrivere la tua esperienza paleontologica in poche parole, cosa scriveresti?

Cristiano. Non è come me lo immaginavo da ragazzo, nel senso che quello del paleontologo è un lavoro faticoso non solo dal punto di vista fisico (scavare in certe rocce è davvero duro) ma anche mentale. Bisogna studiare i reperti con molta attenzione e per fare ciò devi essere metodico e avere molta pazienza. Tuttavia, allo stesso modo, non immaginavo che avrei avuto così tante soddisfazioni, partecipando in prima persona a scoperte importanti.

Simone. I campi in cui sono stato maggiormente impegnato sono la ricerca scientifica (anatomia e filogenesi in primis), la museologia (esposizioni temporanee e permanenti; sistemazione collezioni e catalogazione) e le collaborazioni per la realizzazione di modelli in vivo.

Altre esperienze riguardano rudimenti di preparazione e realizzazione calchi, scavi (pochi), consulenze per la realizzazione di modellini, divulgazione scritta (pannelli didattici, articoli), disegni, qualche lezione a scuola...

Hai un paleontologo (sia vivente che del passato) che ti ha ispirato, o ha influenzato la tua attività?

Cristiano. Tra i viventi metto Phil Currie, di cui ho un ricordo particolare forse perché è il primo esperto “famoso” che ho incontrato di persona, ma anche perché è un paleontologo davvero completo, a tutto tondo: scava in prima persona, disegna, descrive, pubblica, sa divulgare come un personaggio televisivo. Tra i paleontologi che hanno fatto storia, ammiro Sternberg e Dollo: furono dei veri pionieri. Pinna tra gli italiani mi ha influenzato molto agli inizi: primo vero divulgatore, grazie ai suoi libri mi ha catturato da bambino e decisamente indirizzato verso lo studio della paleontologia. Da ultimo, Burian: non è un paleontologo, ma con le sue vivide illustrazioni ha acceso definitivamente nella mia mente il fuoco della passione per la vita sulla terra “quando l’uomo non c’era”.

Simone. Sì, John Bell Hatcher.

I teropodi mesozoici (insieme agli altri dinosauri) sono probabilmente il gruppo di animali estinti che maggiormente attira l’attenzione del pubblico. Al confronto, la straordinaria diversità dei mammiferi cenozoici è completamente ignorata. Come vedi questo fenomeno, che è probabilmente psicologico e sociologico piuttosto che scientifico?

Cristiano. Hai già risposto tu: i dinosauri teropodi sono la trasposizione scientifica dei draghi delle leggende. Reali nella loro natura di rettili squamosi (animali particolarmente repellenti per molte persone) ma “superiori” (non strisciano ma camminano come noi, su due arti). I mammiferi, per quanto possano essere “feroci”, sono quadrupedi pelosi…

Simone. Secondo me i mammiferi cenozoici, per quanto indubbiamente vari e spettacolari, sono variazioni su un tema più vicino a noi, che abbiamo quindi ben presente; sono pertanto più facili da immaginare e meno affascinanti. Se pensiamo ad esempio alla serie "Walking with Beasts" della BBC, e immaginiamo di imbatterci in uno spettatore distratto con una cultura naturalistica nella media capitato per caso facendo zapping nel bel mezzo del documentario, credo che egli facilmente scambierebbe le scene su schermo, protagonista ad es. un arsinoiterio, per quelle di qualche documentario con rinoceronti esotici di una terra lontana.

Se immaginiamo la stessa situazione con lo stesso spettatore capitato nel bel mezzo di "Walking with Dinosaurs" sono convinto che la reazione sarebbe alquanto diversa, e che riconoscerebbe subito uno stegosauro e un allosauro come dinosauri, o alla peggio penserebbe di trovarsi difronte a un film di fantascienza.... I dinosauri non aviali, infatti, sono lontani anni luce da tutto quello che è presente al giorno d'oggi sulla Terra, non provengono da paesi esotici ma sono parte di un mondo perduto, lontano e soprattutto di cui non abbiamo esperienza. E le prime ossa colossali estratte alla fine dell'ottocento hanno lasciato un segno indelebile e suggestivo nell'immaginario collettivo: animali grandi, diversi, potenti ma estinti. Un arsinoiterio sembra un rino-ippopotamo con due corna, uno stegosauro sembra uno stegosauro!!!

Non a caso, gli altri gruppi di animali molto "famosi" sono gli pterosauri e, tra i vari rettili marini, i plesiosauri. Più difficile invece capire la differenza di interesse tra i dinosauri e gli altri gruppi di tetrapodi triassici alquanto bizzarri e spettacolari... Chissà, forse se nell'800 fossero stati rinvenuti solo i dinosauri medio-piccoli e un dinocefalo di 25 tonnellate e un cinognato con un cranio di un metro e venti forse oggi l'attenzione del pubblico sarebbe rivolta a loro...

Cuvier, padre della paleontologia e dell’anatomia comparata, ha generato lo stereotipo caricaturale del paleontologo capace di ricostruire un intero scheletro da un solo osso. Difatti, è inevitabile in paleontologia dover ricostruire ciò che non è conservato effettuando comparazioni anatomiche con animali noti. Nei vostri studi avete descritto una fauna poco nota di vertebrati terrestri del Giurassico Medio del Madagascar. Tra i predatori, oltre alle prove dell’esistenza di almeno 3 linee evolutive di teropodi, è emerso quello che appare come uno dei più grandi arcosauri carnivori della prima metà del Mesozoico, Razanandrongobe sakalavae. Data la frammentarietà dell’unico reperto noto, non è possibile stabilire con certezza se questa nuova specie sia un teropode o un crocodylomorfo. Tuttavia, volendo azzardare un’interpretazione “alla Cuvier”, come ti immagini l’aspetto di questo rettile?

Cristiano. La tessitura particolarmente rugosa del suo frammento mascellare mi fa immaginare un ceratosauride/abelisauride con creste e forse anche qualche spina. Ma un coccodrillo ben corazzato, con quei denti supertrancianti non sarebbe meno terrificante.

Simone. Guarda, preferirei non esprimermi, ma un'idea me la sono fatta. Premetto che fortunatamente studiando Razanandrongobe sono riuscito a vedere dal vivo e comparare un bel po' di materiale, compresi i taxa di teropodi che più gli si avvicinano (abelisauridi, tirannosauridi, spinosauridi) e diversi crocodylomorfi. Ebbene, nel comparare Razanandrongobe con il materiale teropode, per ogni carattere che poteva essere considerato come una possibile sinapomorfia, trovavo sempre qualcosa che metteva in discussione la possibile omologia (anche ad esempio riguardo i caratteri che nel lavoro abbiamo citato come possibili abelisauridi e che tu hai ripreso nel post dedicato); oltre a ciò, c'erano sempre altre "tessere del puzzle" che messane a posto una risultavano di conseguenza decisamente fuori posto. Non posso escludere che si tratti di un teropode, ma mi vedo costretto a invocare l'incompletezza del record fossile del Giurassico medio e a immaginare qualche linea di neoteropodi sconosciuta o qualche (grande) variazione sul tema alla base della storia dei gruppi noti (forse, dei tre citati sopra). Nel confronto con i crocodylomorfi invece non ho mai avuto una sensazione totale di fuori posto... mi sembrava talvolta più derivato di una forma, talvolta più basale di un'altra, ma mai troppo in contrasto nel contesto generale (ad esempio si inserisce bene in un ipotetico trend di sviluppo del palato osseo).

Per questo, se devo proprio citarmi (ma ribadisco che eviterei di farlo), più che come teropode lo vedo come un qualcosa di più derivato di uno sfenosuco ma non ancora un metasuchide, più terrestre che acquatico (questo per alcune caratteristiche dei denti e per il grado e il modo di usura dello smalto). Come aspetto, più che i moderni Crocodylia direi qualcosa di simile a un baurusuchide. Per scherzare, una volta dissi ai miei amici che quella specie di arcosauro predatore quadrupede che si vede nel King Kong di Peter Jackson, non sapendone il nome con cui era stato chiamato dai suoi ideatori della Weta, era proprio un Razanandrongobe....

Alla fine del 2005 è stato pubblicato un vostro articolo su un rostro magnificamente conservato di Spinosaurus (qui sopra, tra Cristiano e Simone: tra le mani di quest'ultimo il calco di un frammento della cresta nasale, conservata a Chicago). Quale aspetto emerso nel vostro studio ritieni più significativo?

Cristiano. Le dimensioni di quella bestia sono impressionanti. 17 metri. Un predatore terrestre di 17 metri…Già da sole basterebbero! Di interesse più strettamente tecnico-scientifico sarebbero, se confermate, la posizione avanzata delle narici carnose e la presenza di recettori sensoriali all’apice del muso.

Simone. Per rimanere sul generale, direi che l'aspetto più significativo è... proprio l'aspetto! Il rostro e il nasale con la cresta (pubblicato nel medesimo articolo) costituiscono attualmente i reperti più completi attribuibili al genere Spinosaurus conservati in un Istituto riconosciuto a più di mezzo secolo dalla distruzione dell'olotipo. Questi reperti ci hanno finalmente permesso di dare, a Spinosaurus un volto che, per quanto incompleto, lo rende distinguibile dagli altri teropodi noti, altri spinosauridi inclusi (ad esempio, la forma della punta del rostro, la posizione delle narici, il numero e la disposizione dei denti, il meccanismo di incastro tra le mascelle, la cresta nasale e, cosa per cui ha ricevuto mille attenzioni, la taglia).

Nel 2005-2006 avete collaborato con un progetto di studio in Patagonia. Che ricordo hai di quella esperienza?

Cristiano. Bellissima. Ancora più bella sarebbe se continuasse, concretizzandosi con una vera partecipazione del mio istituto. Voglio dire, con scavi ben programmati e finanziati, preparazione e studio degli esemplari, pubblicazione di almeno una parte di essi…Ma purtroppo mancano le persone (cioè, ehm, chi le pagherebbe) e i fondi economici.

Simone. Per me è stata un'esperienza molto importante, perché è stata la mia prima vera esperienza di scavo nonché una sfida con me stesso per motivi personali. I ricordi belli sono tanti, soprattutto a livello di sensazioni... la bellezza del cielo, l'emozione della scoperta, l'affiorare di un fossile dalla roccia, il silenzio del deserto, il rumore del martello che picchia ritmicamente sulle punte mentre i pensieri si perdono liberi per la loro strada, il sapore di una mela, il valore dell'acqua... ma anche le amicizie che sono diventate più forti e il contatto con la gente, e poi tutti i fossili (compresi molti "inediti" e molti olotipi famosi) che ho visto nelle collezioni.

Attualmente state completando una dettagliata ri-descrizione di Scipionyx samniticus. Tralasciando le informazioni scientifiche, in attesa della pubblicazione del vostro studio, hai un episodio curioso o interessante legato a questo straordinario fossile?

Cristiano. Molti. Tuttavia il ricordo più forte non è di quando lo vidi per la prima volta, ma di quando ne sentii parlare per la prima volta. Mi fu descritto al telefono: nella taverna di una casa, da qualche parte in Italia, c’era un rettile “con arti anteriori a tre dita”. Quella frase fu una scarica di brivido che non mi fece dormire per tutta la notte. Era la primavera del 1993.

Simone. L'episodio che mi ha regalato l'emozione più forte per ora non lo posso raccontare... Un episodio curioso risale al settembre 2006, durante la visita a Milano di Ursula Göhlich e Luis Chiappe (per confrontare Juravenator e Scipionyx). Premetto che sia io sia Cristiano abbiamo sempre maneggiato il fossile con la massima cautela, quasi all'eccesso, quasi trattenendo il fiato mentre lo osserviamo al binoculare... Un bel giorno arriva Luis, e con la massima scioltezza e tranquillità piazza una lattina aperta di coca proprio sul bordo del supporto in legno dove è appoggiato il binoculare, pericolosamente incombente sulla lastra fossile... Non ti dico le nostre facce ad ogni movimento delle braccia di Luis, che tra l'altro causa il jet-lag era anche parecchio assonnato e ogni tanto gli cadeva la testa in avanti...

Con Marco Auditore invece, partendo da osservazioni serie, abbiamo stilato una serie di possibili cause di morte di Scipionyx che vanno dallo speculativo alla pura idiozia.. Si potrebbe fare una serie TV animata stile South Park in cui in ogni episodio Ciro muore in un modo diverso.

Oltre alla ri-descrizione di Scipionyx, hai altri progetti in preparazione che puoi anticipare?

Cristiano. Subito a seguire, appena possibile, è necessario pubblicare una descrizione diagnostica del dinosauro di Saltrio. Altrimenti è come se non esistesse. Qualcosa di scritto e disegnato c’è già…

Simone. Conto di finire entro l'anno lo studio del materiale di tetrapodi del Triassico del Madagascar su cui verte parte della mia tesi di dottorato. Inizialmente l'idea era quella di rivedere anatomia e filogenesi di tutti gli esemplari, con ricostruzione paleoambientale e paleogeografia, e di trovare tra il materiale una specie da dedicare. Vedremo dove riuscirò ad arrivare... In futuro, a conclusione di tutti i lavori su queste faune fatti dalla sezione di Paleontologia (compresi gli invertebrati studiati dai colleghi e i vertebrati parte dei quali anch'essi in revisione da parte di uno studente, parte in studio da parte di altri colleghi) mi piacerebbe molto partecipare alla stesura di una monografia sul Triassico del Madagascar e alla progettazione e realizzazione di un diorama a tema.

Finite queste cose, vorrei dedicarmi intensamente a Megamatrice, facendo tutto il possibile affinché venga pubblicata in tutta la sua magnificenza senza limite di pagine e completa anche di illustrazioni...

Ci sono infine alcune piccole pubblicazioni su materiale di Niger, Marocco e Libano che vorrei portare a compimento, possibilmente entro la metà del prossimo anno, ma dal destino ancora incerto.

Data la situazione di instabilità della mia posizione contrattuale all'interno del Museo, al momento non ho altri progetti concreti al di fuori della ricerca, anche se mi piacerebbe molto vedere le esposizioni dei temnospondili e dei sinapsidi rifatte e corrette come le ho immaginate e progettate io, e la sala dei dinosauri completata con gli scheletri e le modifiche che ho proposto.

Al di fuori del museo, vorrei vedere portata a compimento in tempi ragionevoli la mostra sulle teste di dinosauri (e non solo) su cui sto lavorando con Geomodel.

Potendo scegliere un ambito della paleontologia che non hai ancora affrontato, quale studio ti piacerebbe svolgere in futuro? Hai un gruppo di animali che ti appassiona particolarmente?

Cristiano. Pterosauri. Elegantissimi, con una biodiversità ancora sottostimata. Semplicemente affascinanti e davvero unici nel mondo animale. Quasi fantascientifici. Come i draghi. Oops, volevo dire teropodi….

Simone. A livello di ricerca, sono aperto a tutto... Ci sono tantissimi campi che nella mia breve esperienza ho appena sfiorato e mi piacerebbe approfondire, ho solo l'imbarazzo della scelta. Mi piacerebbe però molto occuparmi anche delle esposizioni museali (o di un parco a tema), dalla progettazione iniziale allo sfruttamento ottimale degli spazi preesistenti, fino alla scelta dei contenuti, cercando di valorizzare tutti i taxa e il lavoro di tutte le persone con cui avrei a che fare, e allo stesso tempo di far affezionare la gente al museo e di renderla avida di sapere.

Per quanto riguarda i gruppi di animali, quelli che mi appassionano di più sono i ceratopsi, ma ho imparato che quando comincio a studiare un gruppo o un argomento nuovo è facile appassionarsi, anche se magari si tratta di cose su cui inizialmente non ricadevano le mie preferenze.

C.D.S.

Paleo-saluti,

Simone

Bibliografia attinente ai teropodi:

Dal Sasso C., Dinosauri italiani, Marsilio Editori, Venezia, 2001. 260 p.

Dal Sasso C., Update on Italian dinosaurs. 6th European Workshop on Vertebrate Paleontology, Florence, 19–22 September 2001, Università degli Studi di Firenze, Abstract volume, 2001, 27.

Dal Sasso C., 2003 - Dinosaurs of Italy. C. R. Palevol 2 (2003) 45 - 66.

Del Sasso C., & Signore M., 1998a. Exceptional soft-tissue preservation in a theropod dinosaur from Italy. Nature 392, 383 - 387.

Dal Sasso C., & Signore M., 1998b Scipionyx samniticus (Theropoda, Coelurosauria) and its exceptionally preserved internal organs. Journal of Vertebrate Paleontolology 18 (3 Suppl.) 37A.

Dal Sasso C., Maganuco S., Buffetaut E., & Mendez M. A.. 2005. New information on the skull of the enigmatic theropod Spinosaurus, with remarks on its size and affinities. Journal of Vertebrate Paleontology 25:888–896.

Maganuco S., 2004 - New dinosaur bones from the Dinosaur Provincial Park (Alberta, Canada) expedition of 1922. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 145 (I): 69-77.

Maganuco S., Cau A. & G. Pasini G., 2005 - First description of theropod remains from the Middle Jurassic (Bathonian) of Madagascar. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 146 (II): 165-202.

Maganuco S., Cau A., Pasini G. & Dal Sasso C., 2007 - Evidence of large theropods from the Middle Jurassic of the Mahajanga Basin, NW Madagascar, with implications for ceratosaurian pedal ungual evolution. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 148 (II): 261-271.

Maganuco S., Dal Sasso C. & Pasini G., 2006 - A new large predatory archosaur from the Middle Jurassic of Madagascar. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 147 (I): 19-51.

23 luglio 2008

Nuota teropode, nuota!


Anticipo un post che tratterò nel dettaglio prossimamente.
Ezquerra et al. (2007) descrivono una pista dal Cretacico Inferiore spagnolo che, a differenza di analoghi precedenti, è interpretabile (per la forma e le condizioni di formazione) come la traccia impressa da un teropode di media taglia che stava attraversando a nuoto un corso d'acqua, scalciando con gli artigli sul fondo.

Per ora, accenno alla conclusione dello studio di Ezquerra et al. (2007): "We show that some non-avian theropod dinosaurs must have frequented palustrine environments. They may well have occupied hitherto unsuspected ecological niches, so ecological traits such as diet and locomotion must now be explored in this new context".

Non sto dicendo che questo studio dimostri la validità dell'ipotesi anfibia per i carnotaurini, tuttavia dimostra che esisteva il contesto ecologico nel quale sviluppare una parziale specializzazione per il nuoto, e sottolinea la necessità di cercare nei teropodi delle forme aventi tratti anatomici coerenti con una simile ipotesi.
In questa luce, l'ipotesi anfibia per i carnotaurini si rivela un'interessante punto di vista per interpretare queste piste fossili.


Bibliografia:
Ezquerra R., Doublet S., Costeur L., Galton P.M., & Perez-Lorente F., 2007 - Were non-avian theropod dinosaurs able to swim? Supportive evidence from an Early Cretaceous trackway, Cameros Basin (La Rioja, Spain) . Geology, 35(6): 507-510.

Indovina Chi... 14


Siccome siete molto bravi... andiamo sul relativamente difficile... Chi indovina la specie avrà 2 punti. Chi azzecca qualcosa di corretto (motivandola, non vale sparare a raffica mille tentativi) avrà 1 punto.

21 luglio 2008

I teropodi più evoluti del Mesozoico

Abstract: Following the darwinian concept of “descent with modification”, I suggest that the most derived form of Mesozoic theropods was...

Il concetto di evoluzione biologica non è una prerogativa del pensiero darwiniano. Tuttavia, fu solo con l’opera del grande naturalista inglese (senza alcun dubbio il più grande naturalista di tutti i tempi, per la profondità del suo pensiero e per le enormi implicazioni che le sue opere hanno generato non soltanto nelle Scienze Naturali) che il concetto di “evoluto” acquisì una definizione chiara ed operativamente valutabile. Per Darwin, l’evoluzione è la produzione di una discendenza con modificazioni. Come vedete, il concetto non ha alcun “significato qualitativo”, non implica “miglioramento”, “progresso” o altri vaghi (e consolatori) concetti ideali. Se un oggetto produce una propria discendenza, la quale è significativamente differente dal progenitore, allora abbiamo avuto evoluzione. In senso darwiniano, l’evoluzione è quantificabile dal numero di modifiche che possiamo riconoscere in un discendente. Queste “modifiche” hanno un nome ben preciso, “apomorfie”, e sono la base delle analisi filogenetiche. La sistematica filogenetica, da questo punto di vista, è una procedura di misura dell’evoluzione pienamente darwiniana: tanto più un clade avrà acquisito apomorfie, tanto più sarà evoluta (=modificata) dalla condizione primitiva degli antenati.

Quali sono, sotto questa impostazione, i teropodi più evoluti?

Dato che i neorniti attuali hanno un vantaggio di 65 milioni di anni di tempo vissuto in più rispetto ai loro mitici cugini mesozoici, valuterò e comparerò tra loro solo le forme esistite nel Mesozoico, in particolare quelle del tardo Cretacico, che distano tutte circa 160 milioni di anni dal probabile “primo teropode”. Il risultato di un’analisi filogenetica come quella di Megamatrice potrebbe essere usata per determinare quali siano i teropodi “più evoluti”, perché può quantificare su un grafico la lunghezza di ciascuna linea evolutiva in rapporto al numero di modifiche apomorfiche avvenute lungo le linee. Tuttavia, come ho detto sopra, il “grado di evoluzione” è dato dal numero delle apomorfie, le quali si dividono in due categorie: apomorfie condivise tra due o più taxa (sinapomorfie) e apomorfie esclusive di un solo taxon (autapomorfie). Un’analisi filogenetica analizza principalmente le sinapomorfie: pertanto, se una linea è altamente apomorfica sulla base delle proprie peculiarità esclusive (le autapomorfie), il suo grado di evoluzione risulterà sottostimato nella visualizzazione del cladogramma.

Pertanto, il mio discorso sui teropodi più evoluti sarà più generale, e, pur tenendo in considerazione i risultati delle analisi filogenetiche, prenderà in considerazione anche le autapomorfie non evidenti immediatamente sui cladogrammi.

(Per la cronaca: il taxon in Megamatrice che risulta il più evoluto sulla base del numero di eventi evolutivi sinapomorfici che lo separano dalla base di Theropoda è l’insieme dei dromaeosaurinae più derivati: Luanhuanraptor, Atrociraptor, Achillobator, Dromaeosaurus e Utahraptor. Al secondo posto gli ornituri carinati: Ichthyornis e Neornithes).

Se prendiamo in considerazione tutte le apomorfie (sin- e aut-), quale gruppo si è allontanato maggiormente dalla primitiva condizione dei teropodi? Prima di tutto, vediamo com’è questa condizione primitiva.

Dato che non esiste consenso se Herrerasauridae sia un clade basale di teropodi o solamente di saurischi, considererò la condizione primitiva dei neoteropodi (coelophysidi + dilophosauridi + neoceratosauri + tetanuri). Questa condizione primitiva non era molto differente dalla morfologia di un coelophysidae (anche se, va ricordato, nessun coelophysidae in particolare può essere considerato un antenato di tutti i teropodi!): un carnivoro dalla morfologia agile e leggera, mano tetradattila con artigli ricurvi, ampia fenestratura antorbitale, numerosa dentatura finemente seghettata, bacino basso e probubico, coda estremamente allungata e irrigidita distalmente, piede funzionalmente tridattilo con primo dito ridotto che non partecipa al passo e non articola con la caviglia (quest’ultima nota sul piede è in effetti la “peculiarità” più nota dei teropodi).

Quale gruppo di teropodi si è “allontanato” maggiormente da questo modello anatomico? Il mio candidato ideale per la fascia di “Most Derived Mesozoic Theropod” è Therizinosauridae.

I Therizinosauridae hanno perso le caratteristiche descritte per il “teropode basale”, modificandole tutte: sono erbivori dalla morfologia graviportale, con mano tridattila ed artigli falciformi, ridotta fenestratura antorbitale, parziale perdita dei denti, con i restanti aventi un ridotto numero di ampi denticoli, bacino ampio e opistopubico, coda corta e poco irrigidita distalmente, piede funzionalmente tetradattilo con il primo dito robusto che partecipa al passo ed articola con la caviglia. La loro anatomia è talmente aberrante che solamente negli ultimi quindici anni sono stati riconosciuti come teropodi: precedentemente erano stati classificati come un gruppo imparentato con i sauropodomorfi basali, se non relitti di una fantomatica “transizione prosauropodi-ornistischi”. Le forme basali, come Falcarius e Beipiaosaurus, con la loro anatomia più “convenzionale” attestano l’origine maniraptoriana dei therizinosauri, ed evidenziano la grande evoluzione che ha portato alle specie più derivate.

Pertanto, Therizinosaurus ed i suoi cugini sono la forma più evoluta di teropode (ovvero la più modificata rispetto al più recente antenato comune di tutti i teropodi). Nell'immagine, ricostruzione composita di un therizinosauride basata sui taxa noti, ad opera di Marco Auditore.

Credo che, se accettate la concezione originaria, darwiniana, di “evoluto”, converrete con questa conclusione.

PS: probabilmente, se avessimo un miglior record fossile per i therizinosauri, questo risultato sarebbe emerso anche dall’analisi filogenetica (perché così facendo, molti caratteri che per ora sono autapomorfie di specifici generi probabilmente diventerebbero sinapomorfie utili da immettere nell’analisi). Speriamo che in futuro nuovi dati emergano dalle rocce...

PPS: se posso mettere un altro taxon a pari merito con Therizinosauridae, questo è Hesperornithes, gli unici dinosauri marini mesozoici!

Specializzazioni craniche o versatilità locomotoria: due diverse strategie dei grandi teropodi gondwaniani

Abstract: Spinosaurids differ from other basal tetanurans mainly in their cranial anatomy, that seems well adapted for a piscivorous diet, while are not particulary derived postcranially. The different anatomical adaptations in abelisaurids and spinosaurids probably limited interspecific competition between the two clades.

Le anatomie dei grandi teropodi mesozoici trascendono la nostra esperienza quotidiana. Pertanto, è presumibile che anche le loro ecologie non siano necessariamente inquadrabili dentro le nostre categorie ecologiche oloceniche. La frustrante assenza di equivalenti attuali plausibili come modello interpretativo, spesso, ci induce ad attaccarci a quello che abbiamo con ottusa semplicità. Tuttavia, e bisognerebbe inciderlo a caratteri cubitali nella mente di tutti i fanatici delle interpretazioni ecosistemiche, OGGI NON ESISTE ALCUN EQUIVALENTE MORFO-ECOLOGICO DEI GRANDI TEROPODI MESOZOICI, pertanto, qualsiasi ipotesi basata su animali attuali deve sempre essere presa con due paia di pinze giganti e delle belle presine da forno in amianto.

Eppure, molti fan finta di niente, e credono che un mammifero quadrupede viviparo di 250 kg possa essere un buon analogo per capire l’ecologia di un teropode bipede oviparo pesante anche venti volte di più... Contenti loro...

Gli spinosauridi sono un gruppo altamente apomorfico di tetanuri del Cretacico. Sebbene è presumibile sulla base della loro posizione filogenetica che abbiano le loro origini nel Giurassico Medio, non è unanime il consenso su quali siano i loro più stretti parenti. Numerosi tetanuri di grado “torvosauride” sono spesso citati come spinosauroidi basali, e quindi come plausibili portatori delle condizioni primitive degli spinosauridi. Ciò è importante, dato che nessuna ipotesi ecologica sugli spinosauri può essere fatta in maniera soddisfacente senza considerare il contesto evolutivo nella quale si inserisce.

L’anatomia degli spinosauridi è nota principalmente dai baryonychini, uno dei suoi due sottocladi, per i quali sono note quasi tutte le regioni anatomiche ad eccezione del piede, di buona parte della mano e della coda. Tuttavia, dato che non è noto alcune resto degli arti e della coda degli spinosaurini, non è certo se le speculazioni ricavabili dai baryonychini siano automaticamente applicabili agli spinosaurini, l’altro sottoclade.

Spinosaurus, in particolare, presenta una tale combinazione di caratteri altamente apomorfici (la forma del rostro, la conformazione della narice, le spine neurali ipertrofiche) che probabilmente non occupava esattamente le stesse nicchie ecologiche dei baryonychini.

L’anatomia cranica degli spinosauridi risulta ben adattata alla piscivoria. Ciò non si ripercuote automaticamente nell’anatomia postcraniale nota, la quale è simile a quella degli altri tetanuri basali. Ciò non è in contraddizione con l’ipotesi che fossero piscivori, dato che, anche nei teropodi moderni (gli uccelli neorniti), spesso la differenza tra forme piscivore e non piscivore è principalmente nell’anatomia del cranio, e non nel postcraniale.

In effetti, non è detto che per essere piscivori gli spinosauridi fossero necessariamente anche delle forme strettamente adattate alla vita in acqua (rispetto ad altri teropodi): se, come appare plausibile, le principali prede acquatiche degli spinosauridi erano grandi sarcopterigi basali, molto abbondanti nel Cretacico, ovvero grossi pesci di acque basse, non è necessario evolvere particolari sistemi locomotori per catturarli. Come ho descritto in un vecchio post su Ultrazionale, il cranio ed il collo degli spinosauridi appaiono perfettamente adattati per pescare quel tipo di preda in quel tipo di ambiente, e non richiedono l’evoluzione di particolari adattamenti acquatici nel resto del corpo.

Questo discorso rimarca quello già fatto a proposito dell’ipotesi anfibia per i carnotaurini, nella quale sembra manifestarsi un fenomeno opposto, ovvero, l’evoluzione di adattamenti locomotori parzialmente anfibi senza però l’acquisizione di particolari adattamenti anfibi a livello craniale. Si tratta di due strategie evolutive differenti e probabilmente non in competizione tra loro: ciò probabilmente è uno dei motivi della coesistenza dei due cladi per almeno trenta milioni di anni di storia gondwaniana.

I due spinosauri di Horner (quello popolare e quello logico)

Abstract: The so-called “Horner’s scavenger hypothesis” has been latched onto in the popular press but has never been a major research focus for Horner. Curiously, based on the arguments Horner uses for his reconstruction of the “scavenger Tyrannosaurus”, also his “superpredator Spinosaurus” would result a scavenger.

Il principio di autorità (ovvero l’accettazione acritica delle parole dell’esperto autorevole) è duro a morire nelle Scienze, nelle quali non dovrebbe mai dimorare. Esso persiste persino nelle affermazioni che non condividiamo, al punto che, pur non accettando tali idee, ma accettando l’autorità di chi le pronuncia, non sentiamo il bisogno di analizzarle logicamente.

Questo post era nato come premio di uno dei precedenti vincitori di “Indovina Chi”. Nell’elaborarne la struttura, tuttavia, ho avuto un’intuizione molto interessante che giustifica la deviazione temporanea dell’argomento.

Parlerò di Spinosaurus aegyptiacus, a modo mio...


Spinosaurus aegyptiacus ce-la-canta sulle sue abitudini alimentari... (play of words). Immagine di Lukas Panzarin.

Partiamo dal lato dell’antropologia dei dinosauri che amo di meno (attenzione, non ho detto che non lo ami per niente, è solo quello che amo meno degli altri... de gustibus non est disputandum): la trasposizione cinematografica dei teropodi. Spinosaurus aegyptiacus è diventato relativamente noto a seguito della sua caricaturale trasposizione in celluloide, in “Jurassic Park III”. Dico caricaturale non tanto perché si è rivelata errata in numerosi dettagli (sia innocenti, come l’aver ricostruito il rostro sulla base dei Baryonychini* non disponendo ancora di un rostro articolato come quello milanese, sia “più gravi”, come alcune posture e proporzioni corporee poco “teropodi”), quanto perché dettata dall’esigenza di portare sullo schermo qualcosa che fosse “più grosso e cattivo” di Tyrannosaurus. Data l’assurdità di tale pretesa, era inevitabile la caduta nel grottesco e nel poco scientifico. Ad accentuare l’effetto grottesco, nello stesso film Tyrannosaurus è ricostruito secondo un’ipotesi esageratamente nota, scientificamente nulla (spiego subito perché) e simpaticamente commerciale, attribuita a Jack Horner. L’ipotesi, arcinota e quasi stancante per la ripetitività meccanica con la quale circola tra i non addetti ai lavori, sostiene che Tyrannosaurus rex sia un saprofago spinto, un teropode specializzato alla pura saprofagia. Questa ipotesi è scientificamente nulla per un motivo semplicissimo: non è mai stata esposta ed argomentata in alcuna pubblicazione scientifica (ovvero soggetta a peer-review) di Jack Horner. Egli la espone in alcuni libri divulgativi e documentari, ma non l’ha mai presa sufficientemente in serietà da degnarla di una vera pubblicazione scientifica. Questo basterebbe a chiudere la questione con il commento: Tyrannosaurus rex saprofago (Horner, opinione personale).

Recentemente, Holtz ha analizzato seriamente la logica sottostante le argomentazioni divulgate (a livello popolare) da Horner, mostrandone gli errori concettuali, le debolezze argomentative e le contraddittorietà a livello dei dati, pertanto, non perderò tempo a ripetere le sue parole.

Quello che invece voglio fare è di analizzare Spinosaurus, il teropode che Horner (in un’intervista relativa a JP III) considera il massimo superpredatore saurischio, usando proprio la sua metodologia logica servita per ipotizzare Tyrannosaurus solo-saprofago.

Il risultato è interessante...

Prima di tutto, sebbene l’Horner dell’intervista su JP III descriva Spinosaurus come se ne conoscessimo l’anatomia degli arti anteriori, io mi limiterò alle prove note, senza fare inferenza filogenetica (ovvero, senza citare le parti anatomiche sconosciute deducendole dall’anatomia di altri spinosauridi**): quindi analizzerò solamente i resti di Spinosaurus noti attualmente, quelli cranici (rostro e dentale) e vertebrali (alcune dorsali e cervicali).

Piccola parentesi: a parte Oliver Rauhut, tutti convengono che le vertebre dorsali con le altissime spine neurali e le ossa craniche appartengano ad un unico animale, Spinosaurus aegyptiacus. Rauhut invece sostiene che tale associazione sia una chimera, e che i resti cranici siano di un Baryonychinae molto derivato, mentre le vertebre siano di un carcharodontosauride molto derivato (il quale probabilmente sarebbe il solo proprietario del nome “Spinosaurus”). Sebbene, finora, solo i resti descritti da Stromer nel 1912 mostrino ossa craniche e vertebre dorsali in associazione, ci fidiamo di ciò e consideriamo Spinosaurus (rostro + vertebre) come un essere naturale e non un artefatto di una scorretta interpretazione. Auguriamoci che presto emergano dati definitivi che ci indichino quale è l’interpretazione corretta.

Tornando ai dati, ecco le uniche due argomentazione dell’ipotesi saprofagica di Horner che possono essere controllate sui resti noti di Spinosaurus. Valutiamole, per vedere se Spinosaurus, non presentandole, sia effettivamente più “predatore” di Tyrannosaurus. Ripeto: Holtz ha discusso ampiamente ognuna delle affermazioni che sto per citare, io mi limito a valutarne l’applicabilità su Spinosaurus, e non valuto in questa sede se esse siano corrette o meno.

Horner dice: “Tyrannosaurus non ha denti compressi lateralmente, bensì espansi: ciò sarebbe incompatibile con la possibilità di lacerare le parti molli delle prede per ucciderle (come, ad esempio, accade con i denti dei carnosauri e dei dromeosauri)”. Dato che i denti di Spinosaurus sono anch’essi non-compressi lateralmente, questo discorso può essere applicato anche a lui. Inoltre, a differenza dei denti di Tyrannosaurus, quelli di Spinosaurus non hanno nemmeno seghettatura, e quindi sono ancora meno “laceranti”.

Horner dice: “Tyrannosaurus si serviva della sua grande taglia per sottrarre le prede uccise da teropodi di taglia minore. Pertanto, è possibile che esso abbia sviluppato il suo cranio così espanso lateralmente per apparire più minaccioso e temibile”. Spinosaurus ha la stessa taglia di Tyrannosaurus (se non più grande), inoltre, presenta un’enorme cresta dorsale che in vita lo faceva apparire molto più grande (e spaventoso) del reale. Pertanto, il ragionamento di Horner è validissimo anche per Spinosaurus.

Come vedete, gli unici due attributi “da saprofago” ipotizzati da Horner in Tyrannosaurus e che possono essere controllati in Spinosaurus ci portano a vedere anche quest’ultimo come un saprofago. Che risultato curioso! Proprio Spinosaurus, che per Horner avrebbe dovuto essere ecologicamente opposto al saprofago Tyrannosaurus, sembra invece essere un altro saprofago... e ciò proprio seguendo la logica di Horner!

Dato che ormai è diventato così facile vedere un saprofago (se lo si vuole vedere), faccio notare che il muso di Spinosaurus, così allungato e stretto, sembra l’ideale per infilarsi nella gabbia toracica di una carcassa per prelevarne le interiora...

Inutile rimarcare che io non condivido minimamente la logica di fondo del metodo horneriano per dedurre l’ecologia di un fossile (né le interpretazioni ecologiche per Tyrannosaurus). Mi sembra che Horner parta attribuendo una particolare ecologia al fossile “inteso” nella sua (presunta) totalità, e da lì interpreti i particolari dell’anatomia in base a tale ingiustificata assunzione a priori. Io parto dall’anatomia dei particolari, ne valuto gli analoghi attuali, e deduco l’ecologia più plausibile che integri le varie parti.

Sono due metodi opposti... ognuno valuti quale sia preferibile.

Nota finale: ho il sospetto che Horner stesso non dia particolare validità all’ipotesi “eu-saprofaga”, altrimenti non si capisce perché non abbia mai pubblicato un articolo scientifico a proposito, bensì l’abbia divulgata solamente in pubblicazioni non soggette a revisione preliminare. Forse la vede solamente come un gioco mentale, un esercizio retorico... il quale però ha avuto un tale successo “polemico” tra gli appassionati da meritare che continui a circolare nonostante la sua debolezza logica ed empirica.

*Di fatto, tra noi Predatori dei Taxa Perduti è consueto il termine “Suchospinus” per indicare lo spinosauro di JP III.

**Curiosamente, molti critici dei metodi filogenetici non si accorgono di usare continuamente, ed inconsciamente, il metodo di inferenza filogenetica per dedurre aspetti anatomici di determinate specie (per le quali non siano noti resti di tali tratti anatomici, ma che sono comunque noti in parenti prossimi). Quando sento alcuni argomentare che Spinosaurus aveva artigli enormi e braccia molto sviluppate, sento un’inferenza filogenetica (gli arti di Spinosaurus sono ignoti)... è buffo che, probabilmente, chi la esprime non ne sia pienamente consapevole.

18 luglio 2008

Indovina Chi... 13


Questo vale 1 punto se ne riconoscete la "famiglia", e 2 punti se ne riconoscete anche la specie.

17 luglio 2008

I teropodi più evoluti... Prossimamente su Theropoda!

Cosa significa "essere evoluto"?
Nel linguaggio comune il termine ha acquisito un'accezione così vaga e "ideologicizzata" che ormai ha perso molto del suo significato scientifico originario.
In base al significato originario, darwiniano (e anche "cladistico", sebbene in questo caso voglio accontentare tutti e mi riferirò al senso più ampio dell'accezione evoluzionistica, senza entrare nei tecnicismi filogenetici) del termine, "evoluto" ha un ben preciso significato.

Prossimamente parlerò di quelli che sono, senza ombra di dubbio, i teropodi più evoluti in assoluto...

Non credo che molti di voi stiano pensando proprio a quel gruppo... o forse sì?
Spero che troverete interessante (se non condivisibile) la spiegazione della mia idea in proposito.

Prossimamente, su Theropoda

Indovina Chi... 12


Questo è un bell'esemplare... vediamo chi indovina.

16 luglio 2008

Le preferenze dei lettori e le mie a confronto


Il sondaggio sul gruppo di teropodi che i miei lettori vorrebbero fosse oggetto di una serie di post ha dato un esito interessante. Anche se temo che i voti (colonnine azzurre) siano stati truccati dal fatto che qualcuno ha votato più volte, è interessante osservare come i risultati siano differenti dalle mie preferenze (colonnine rosse), ricavabili dalla frequenza di post che ho dedicato ai rispettivi taxa. Per agevolare la comparazione, i dati sono in percentuale.

Un dato, secondo me, è stato forzato indirettamente: è indubbio che uno dei gruppi di teropodi che più interessano sia Dromaeosauridae (o in generale Deinonychosauria), ma siccome io non ho messo quel gruppo nel sondaggio, bensì l'intero Paraves (ovvero Avialae + Deinonychosauria), molti lettori probabilmente nemmeno ci han fatto caso ("Paraves" ricorda "Aves"... e so che molti appassionati di teropodi probabilmente nemmeno vogliono accettare gli Aves come teropodi, figurarsi se ne richiedono un post...) e così non han votato per i loro (probabili) beniamini.

Alcuni taxa, poverini, non hanno l'interesse né mio né vostro... a loro, prometto, dedicherò più attenzione: non è detto che in qualcuno di voi non possa nascere l'amore per gli alvarezsauri o i celofisidi!

Pause motivate

In questo periodo il mio contributo al blog sarà più ridotto. Ciò accadrà sicuramente da Agosto, quando gli impegni lavorativi (ebbene sì, io sono un enantio-lavoratore, lavoro d'estate e sono in vacanza d'inverno) ridurranno i miei tempi bloggeschi. Probabilmente, per un paio di mesi riceverete post quantizzati, a pacchetti massicci certi giorni, alternati a lunghi giorni di vuoto.

In questi giorni, in particolare, sono molto preso dalla stesura di uno dei miei prossimi articoli, riguardante un nuovo CENSURA dal CENSURA CENSURA del CENSURA. Non vedo l'ora di mandarlo ai revisori!

Comunque non temete, lettori fedeli, Theropoda è sempre al lavoro: i vuoti di oggi saranno i pieni di domani.

Mia intervista su Jurassic Italia Blog... ovviamente per Enantiophoenix

Ricordo che il link del sito è permanentemente presente (...impronunciabile) nell'Home Page di Theropoda, nella sezione dei blog!

http://jurassicitalyblog.splinder.com

14 luglio 2008

Indovina Chi... 11


Non ho dimenticato che il precedente vincitore deve ancora chiedermi il post apposta...

Il Triumvirato Gondwaniano e la Tirannide Asiamericana

Abstract: The “Predatory Triumvirate” in Mid-Cretaceous African ecosystems (and in general, the presence of more than one lineage of medium/large theropods of comparable size in the same formation) is not an unusual condition in Mesozoic History. To the contrary, the apex of the Late Cretaceous Asiamerican ecosystems appears anomalous, being less disparate, dominated only by medium- and large-sized tyrannosauroids.

Credo che non ci sia soddisfazione più grande per un giovane ricercatore che contribuire all’espansione della conoscenza in ambiti poco esplorati del proprio settore. L’evoluzione dei teropodi del Gondwana è sicuramente uno dei più elettrizzanti campi della dinosaurologia: è ormai assodato che sia ancora poco nota, sopratutto se paragonata alla ben più corposa letteratura dei teropodi Laurasiatici, e prometta di rivelarsi la nuova frontiera degli studi sui teropodi.

In questi anni di collaborazione con il Museo di Milano, assieme a quella sagoma di Maganuco (ed alle collaborazioni di Giovanni Pasini e Cristiano Dal Sasso), abbiamo descritto una delle più antiche faune a teropodi del Gondwana, risalente al Bathoniano del Madagascar. Attualmente, stiamo completando due studi su alcuni teropodi di taglia medio-piccola provenienti dalla metà del Cretacico Nordafricano: entrambi aprono interessanti spiragli sulla biodiversità delle comunità a teropodi del Cretacico “medio” dell’Africa, note sopratutto per la presenza e coesistenza di tre linee di teropodi di grande taglia.

In effetti, sembra ormai assodato che per almeno una trentina di milioni di anni, le comunità a teropodi africane furono dominate da tre distinti cladi di Neoteropodi di grande taglia: Carcharodonthosauridi, Spinosauridi e Abelisauridi. Questa associazione è stata battezzata da Sereno & Brusatte (2008) il “Triumvirato Predatorio” dell’Africa, e si rinviene dall’Aptiano al Cenomaniano di Egitto, Marocco e Niger.

Confrontiamo le faune a teropodi nelle due formazioni meglio note:

Aptiano del Niger: almeno un noasauridae ancora senza nome (Sereno et al., 2004), l’abelisauridae Kriptops, il carcharodonthosauridae Eocarcharia e lo spinosauridae Suchomimus.

Cenomaniano del Marocco: un teropode di piccola taglia ancora senza nome (in studio...), il noasauridae Deltadromeus, un abelisauridae ancora senza nome (Mahler, 2005), il carcharodontosauridae Carcharodonthosaurus (con Sigilmassasaurus probabile sinonimo junior), e lo spinosauridae Spinosaurus.

Alcuni osservatori si sono stupiti della presenza di ben tre linee distinte di teropodi di grossa taglia coesistenti nelle stesse formazioni. Io trovo il loro stupore piuttosto ingenuo, probabilmente dettato dall’abitudine a considerare come “la norma” degli ecosistemi a teropodi le faune della fine del Cretacico nordamericano (dominate, per le grandi taglie, esclusivamente da Tyrannosauridae), mentre appare chiaro che esse siano l’eccezione: nelle altre formazioni note è normale avere assieme più di una linea di teropodi di media e grande taglia.

Alcuni esempi:

Giurassico Medio del Madagascar: almeno due linee distinte di teropodi di taglia medio-grande (Maganuco et al., 2005, 2007).

Giurassico Medio Inglese: almeno tre-quattro teropodi di media taglia: i due distinti “morfotipi” attribuiti a Megalosaurus, di cui uno probabilmente un tetanuro (che se non è una nuova forma potrebbe essere uno dei tre tra Metriacanthosaurus, “Megalosaurushesperis o Megalosaurus bucklandi), un neoceratosauro (il secondo “morfotipo” postcraniale attribuito a Megalosaurus) ed Iliosuchus.

Giurassico Medio Francese: Dubreuillosaurus, Poekilopleuron, Piveteausaurus ed una possibile quarta forma.

Giurassico Medio Cinese: Monolophosaurus, Gasosaurus, Xuanhanosaurus, Szechuanoraptor, Guanlong.

Giurassico Superiore del Nordamerica: Allosaurus, Saurophaganax, Ceratosaurus, Torvosaurus, Marshosaurus, Stokesosaurus.

Cretacico Inferiore Inglese: Baryonyx, Neovenator, Becklespinax, Eotyrannus.

Cretacico Inferiore del Nordamerica: Utahraptor, Acrocanthosaurus.

Inizio del Cretacico Superiore Patagonico: Ekrixinatosaurus, Giganotosaurus.

Pertanto, il Triumvirato Africano non è una bizzarra anomalia che richiede chissà quale motivazione, bensì la normalità (rientra nel range di variabilità di forme citate sopra), a conferma dell’alta diversità degli ecosistemi mesozoici. A questo punto, come deve essere interpretata la bassa diversità delle faune a teropodi di media e grande taglia del Nordamerica e dell’Asia, dominate esclusivamente da Tyrannosauroidea? Ci sono possibili interpretazioni (non necessariamente in conflitto):

1) I Tyrannosauroidi occuparono con successo le nicchie predatorie di media e grande taglia (probabilmente liberatesi a seguito di una crisi biologica a metà del Cretacico Superiore) con forme quali Labocania, Dryptosaurus, Bagaraatan ed i veri Tyrannosauridae, “saturando i posti possibili”. Ciò è plausibile, ed appare parzialmente in accordo con un simile fenomeno in Gondwana, dove parrebbe esserci stata una sostituzione faunistica nello stesso periodo, a vantaggio di Abelisauridae.

2) La documentazione fossile è incompleta. Ciò è persistente, ma forse non dovrebbe essere invocato in questo caso, dato che la documentazione nordamericana è tra le più ricche.

3) Sottostimiamo i predatori sulla base di “preconcetti”. Ovvero, tendiamo a considerare che i teropodi predatori di grande taglia siano necessariamente delle forme “con zanne ed artigli”, scartando “a priori” altri taxa: esiste la possibilità che forme poco note di grande taglia del Cretacico Superiore Asiamericano, come Gigantoraptor e Deinocheirus, potessero avere un qualche ruolo ecologico al vertice delle rispettive catene alimentari (per Gigantoraptor sono molto convinto di ciò, mente per Deinocheirus è più cauto attendere il giorno meraviglioso in cui si troveranno nuovi resti).

Tornando al Triumvirato Africano, le anatomie dei tre taxa principali mostrano chiaramente che la ricca diversità di prede permetteva la coestenza di distinti taxa predatori (ricordo, comunque, che ogni predatore resta sempre una potenziale preda degli altri): i carcharodonthosauridi hanno specializzazioni “brontofagiche”, gli spinosauridi sono specializzati predatori piscivori (ma non esclusivamente dei piscivori), mentre per gli abelisauridi... beh... sapete come la penso.

Nella Formazione Elrhaz del Niger, abbiamo una fauna di potenziali prede di tutte le forme e taglie, per tutti i gusti, quali bivalvi d’acqua dolce, una ricca fauna di pesci ossei e squali, pterosauri ornitocheiridi, quattro crocodyliformi (tra cui Sarchosuchus, che probabilmente competeva con i grandi teropodi), gli ornitopodi come Valdosaurus, l’iguanodonte “ippopotamoide” Lurdusaurus e Ouranosaurus, un titanosauro, ed il rebbachisauride Nigersaurus.

La stratigrafia della formazione indica che la regione era una piana alluvionale (come indicato dall’abbondanza di pesci e dai molluschi) intercalata a dune sabbiose: ciò indica un ambiente dinamico, soggetto ad alternanza di fasi umide e aride sia nello spazio che nel tempo (questo aspetto era stato sottolineato nella mia discussione sull’ipotesi anfibia per i carnotaurini, proprio per evidenziare come una morfologia anfibia risulti vantaggiosa in condizioni di alta variabilità ambientale). Questa alta variabilità potrebbe non solo spiegare l’alta diversità dei predatori (oltre che alcune peculiarità degli abelisauridi*), ma anche indicare che la “posizione dominante” al vertice delle catene alimentari fluttuasse in concomitanza con le variazioni ambientali: ad esempio, è possibile che gli spinosauridi fossero più avvantaggiati nelle fasi/zone umide (dove le prede più abbondanti erano acquatiche), i carcharodonthosauridi nelle fasi/zone asciutte (dove le prede dominanti erano più terricole), mentre gli abelisauridi sapessero meglio sfruttare le fasi/zone di transizione tra i due tipi di ambiente. Ovviamente, questa è un’interpretazione altamente speculativa, che comunque tiene conto di un concetto ecosistemico che in questi anni sta divenendo sempre più pressante e discusso, ovvero, l’alta velocità e repentinità con la quale gli ambienti ed i climi fluttuano ed evolvono: in passato abbiamo troppo indugiato con una visione iper-gradualista dell’evoluzione climatica, sopratutto nell’interpretare i climi mesozoici, spesso bollati frettolosamente come “uniformemente caldi”; ora appare sempre più chiaro che non solo il clima evolve rapidamente, ma anche che è capace di improvvise fluttuazioni e drammatiche variazioni. In questa ottica, non solo diventa comprensibile l’alta variabilità delle faune a dinosauri, ma anche le modalità tramite le quali differenti linee evolutive interagivano tra loro e con l’ambiente, sovrapponendosi o alternandosi con estrema rapidità (con il risultato di produrre delle Formazioni molto ricche in biodiversità).

*Questa mi è venuta in mente rileggendo il testo: forse la morfologia “anfibia” degli abelisauridi, così versatile in entrambe le situazioni ambientali citate (e quindi estremamente vantaggiosa in situazioni di stress ecosistemico), fu la loro carta vincente che permise loro di sopravvivere agli eventi che invece portarono alla scomparsa dei carcharodontosauridi e degli spinosauroidi a metà del Cretacico Superiore? Per quanto criticata da alcuni miei lettori, l’ipotesi anfibia continua a rivelarsi molto fertile di suggestioni e spunti... forse non sarà corretta, ma ha il pregio di porre nuovi quesiti e suggerire risposte interessanti da punti di vista differenti dai soliti.

Bibliografia:

Maganuco S., Cau A. & G. Pasini G., 2005 - First description of theropod remains from the Middle Jurassic (Bathonian) of Madagascar. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 146 (II): 165-202.

Maganuco S., Cau A., Pasini G. & Dal Sasso C., 2007 - Evidence of large theropods from the Middle Jurassic of the Mahajanga Basin, NW Madagascar, with implications for ceratosaurian pedal ungual evolution. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale in Milano, 148 (II): 261-271.

Mahler, L. 2005. Record of Abelisauridae (Dinosauria: Theropoda) from the Cenomanian of Morocco. Journal of Vertebrate Paleontology 25: 236–239.

Sereno, P.C. and Brusatte, S.L. 2008. Basal abelisaurid and carcharodontosaurid theropods from the Lower Cretaceous Elrhaz Formation of Niger. Acta Paleontologica Polonica 53 (1): 15–46.

Sereno, P.C., Wilson, J.A., and Conrad, J.L. 2004. New dinosaurs link southern landmasses in the Mid−Cretaceous. Proceedings of the Royal Society, Series B 271: 1325–1330.

Piccolo Aperitivo Miologico

Abstract: This is a very short review of theropodan myology, in order to illustrate the levels of inference in soft tissue reconstruction, the difference between origin and insertion, and some aspect of pelvic and mandibular musculature.

Parlare di muscolatura per i teropodi mesozoici richiede livelli di inferenza più alti (meno sicuri) che parlare dell’osteologia. A differenza delle ossa, noi non disponiamo di tracce dirette dei muscoli (a parte rarissimi casi), bensì solo dei punti di origine (il punto dell’osso dove il muscolo è attaccato) e di inserzione (il punto di un altro osso dove questo muscolo va ad inserirsi per esercitare il proprio lavoro), e dobbiamo stabilirne la natura comparandoli con i taxa attuali (in particolare, con uccelli e coccodrilli). Spesso, per molti muscoli non disponiamo nemmeno di tracce, e dobbiamo ricostruirne la forma e posizione basandoci sulla filogenesi (ad esempio, la parte mediale dell’adduttore femorale non lascia tracce ossee negli arcosauri, tuttavia, noi deduciamo che questo muscolo esistesse nei dinosauri perché è presente, sempre senza tracce ossee, negli arcosauri viventi: uccelli e coccodrilli). Ad aggravare l’incertezza, la nomenclatura muscolare animale è tra le più babeliche esistenti: uno stesso muscolo può aver ricevuto nomi differenti a seconda dell’autore, oppure semplicemente nomi differenti perché è in un mammifero, invece che in un uccello, o in un altro rettile. In effetti, sebbene a rigore logico la nomenclatura aviaria sarebbe quella idonea per chiamare gli omologhi muscoli nei teropodi, nella pratica si usa una terminologia ibrida, a volte aviaria a volte rettiliana (vi assicuro che è dannatamente frustrante doversi destreggiare tra due nomenclature distinte per parlare della stessa cosa... e se state codificando una matrice che ha sia uccelli che non-uccelli, a volte perdete un sacco di tempo solo per verificare che le inserzioni ossee che state studiando sono le stesse in tutti i taxa, sebbene abbiano nomi diversi... vabbè... forse quei due o tre pazzi avevano ragione a proporre una terminologia unica ex-novo...).

Le origini/inserzioni muscolari sulle ossa possono essere in forma di creste pronunciate (come la deltopettorale dell’omero, su cui inseriscono, tra gli altri, il deltoide ed il pettorale), la cnemiale della tibia (una caratteristica dei dinosauriformi, ampia inserzione degli ileotibiali) o la trocanterica nella regione prossimale del femore; oppure possono essere delle rugosità ossee, come il quarto trocantere del femore, su cui si inseriscono i caudifemorali corti (tra i principali retrattori del femore), o delle protuberanze ossee, come il processo prossimodorsale dell’ischio di molti paraviali, o delle semplici cicatrici ossee, come quella ellittica posta sul margine caudale del femore (per i caudifemorali lunghi) o come l’inserzione semilunata prossimolaterale dell’ischio di molti tetanuri (inserzione di parte del femorotibiale interno, come il processo prossimodorsale ischiatico citato prima, e che probabilmente è una sua evoluzione). Va detto che questi processi ossei variano di intensità e spessore nei vari taxa, in funzione del grado di sviluppo di questi muscoli: ad esempio, il quarto trocantere è una pronunciata cresta pendente negli ornitischi, è una rugosità in molti teropodi basali, ed è una semplice cicatrice ossea nella maggioranza dei maniraptori (ovvero, le inserzioni dei caudofemorali brevi sono relativamente più sviluppate negli ornitischi, meno nei teropodi basali e molto poco nei maniraptoriani).

Al fine di illustrare quanto sia complessa la definizione della muscolatura in un vertebrato fossile, ecco una rappresentazione dei rispettivi punti di origine e inserzione dei principali muscoli del cinto pelvico in Tyrannosaurus (Carrano & Hutchinson, 2002; in maiuscolo le origini, in minuscolo le inserzioni).

Semplificando, la muscolatura del cranio dei teropodi (in generale di buona parte dei tetrapodi) si può suddividere in due distretti principali: quella preposta all’apertura e chiusura della bocca e quella preposta all’articolazione del cranio col collo.

Dato che lo spazio per trattare l’intera muscolatura cranica è troppo poco per rendere una trattazione utile, penso che sarà più interessante per i miei lettori ricevere un esempio particolare. Anche solo alcune nozioni permettono di dedurre qualche informazione sul sistema muscolare dei teropodi basandosi sulle immagini in vista laterale del cranio (quello che generalmente è più accessibile per i non addetti ai lavori, mentre è raro aver a che fare con ossa singole, o a viste particolari), in modo che apprendano “la logica” con la quale i paleontologi deducono ciò che non si è conservato (i muscoli) da ciò che è conservato (le ossa).

Un buon indizio sulla muscolatura masticatoria di un teropode è la forma e l’ampiezza delle finestre craniche: in questo caso ci concentreremo sull’infratemporale (la grande finestra posta sulla superficie laterale del cranio, dietro l’orbita).

Come vedete, ci sono taxa con finestre ampie (Ceratosaurus) e altri con finestre più ridotte (Tyrannosaurus). Per capire come queste finestre ci diano informazioni sulla muscolatura dovete considerare che i margini delle finestre sono i punti in cui i muscoli si originano/inseriscono, mentre lo spazio “vuoto” ci dà la misura di quanto poteva espandersi il muscolo sotto sforzo.

La finestra che ho citato è il confine di origine dell’adduttore mandibolare esterno, uno dei principali muscoli deputati alla chiusura della bocca (non l’unico, ovviamente). La forza del muscolo è quindi proporzionale alle aree delle finestre. Altri muscoli identificabili dall’immagine esterna del cranio sono i depressori mandibolari, gli antagonisti (ovvero i muscoli che svolgono il lavoro contrario) degli adduttori appena citati. Questi muscoli (linea verde nell’immagine: ricostruzioni di Tyrannosaurus, Allosaurus e Ceratosaurus a confronto, da Snively & Russel, 2007) non si inseriscono su delle finestre, bensì sul processo caudale dello squamoso e sul processo retroarticolare della mandibola. Tanto più le proiezioni perpendicolari di questi processi si “allontanano” dal piano dell’articolazione mandibolare, tanto più la leva che esercitano sarà potente (pertanto, ricordandoci il discorso di prima sulle finestre infratemporali, non ci stupiamo se in Ceratosaurus il processo retroarticolare è molto lungo, mentre in Tyrannosaurus è praticamente assente: queste leve lavorano in opposizione agli adduttori mandibolari, e quindi saranno sviluppate in maniera analoga ai loro antagonisti).

Ovviamente, gli esempi di muscoli che ho citato non sono gli unici ad influire sulla muscolatura mandibolare: io ho citato la coppia agonista-antagonista preposta al moto della mandibola rispetto al rostro, tuttavia, altri muscoli (in particolare gli pterigoidei) sono responsabili del movimento del rostro rispetto alla mandibola: questi si originano sulle ossa della base del cranio e del palato e si inseriscono sulle ossa interne della mandibola. Anche in questo caso, le dimensioni ed il grado di sviluppo delle cicatrici ossee di inserzione ci dicono quanto questi muscoli erano sviluppati (in questo caso, l’apice dello sviluppo di questo distretto muscolare si osserva con i Tyrannosauridi).

Bibliografia:

Carrano M.T., & Hutchinson J.R., 2002 - Pelvic and Hindlimb Musculature of Tyrannosaurus rex

(Dinosauria: Theropoda). Journal of Morphology 253:207–228.

Snively E., & Russel A.P., 2007 - Functional Variation of Neck Muscles and Their Relation to Feeding Style in Tyrannosauridae and Other Large Theropod Dinosaurs. The Anatomical Record 290:934–957